La Casa della Legalità - Onlus è un'associazione nazionale di volontariato, indipendente ed opera senza finanziamenti pubblici o sponsor

seguici e interagisci suFACEBOOK TWITTER  YOUTUBE

CASA DELLA LEGALITA' E DELLA CULTURA - Onlus
Osservatorio sulla criminalità e le mafie | Osservatorio sui reati ambientali | Osservatorio su trasparenza e correttezza della P.A.

I Verbali di Ricucci

dal sito del Coriere della Sera - 17.06.2007

DOCUMENTI SU POLITICA&AFFARI

La deposizione ai magistrati - Scalata Rcs, i verbali di Ricucci

Il racconto dei retroscena della scalata Rcs comincia il 16 maggio nel carcere


Obiettivo: entrare nel «salotto»

«Fino all’11 aprile avevo il 5,60 per cento. Dall’11 aprile al 10 giugno non feci altro che convincere il professor Natalino Irti ad assumere l’incarico, perché non lo voleva assumere, di una mia consulenza per farmi entrare nel patto di sindacato perché lui era già membro del consiglio di amministrazione di Rcs, nominato come consigliere indipendente da Telecom, da Pirelli, da Tronchetti. Gli dissi: "Guardi professore, mi faccia la cortesia, lei mi deve... io devo entrare, vorrei entrare nel patto. Se riesce a parlare con il dottor Tronchetti, un po’ Gnutti se riesce a parlare con il dottor Tronchetti, un po’ io riesco a parlare attraverso Ripa Di Meana con Capitalia, un po’ Gnutti riesce a parlare con Lucchini che è il suo vicepresidente in Hopa... Il mio obiettivo è sempre stato quello di entrare in quel salotto, come ho fatto anche nel 2001 in Hopa. Cioè la mia non è mai stata un’intenzione ostile. Certo tutti l’hanno preso come se fosse ostile e posso capire pure perché, ma io ho sempre parlato con persone... anche con Vittorio Ripa Di Meana stesso, con il dottor Geronzi ne parlai. Il mio unico obiettivo era convincere questi tre soci grossi: Montezemolo, Tronchetti e Della Valle. Lo sa quante volte io ho parlato con Della Valle di questo ragionamento prima che ci litigai?».

P.M.: «Fino al 2 agosto lei ha comprato Rcs». RICUCCI: «Dal 15 luglio in poi ho ricomprato il due per cento e il due e venti per cento per superare il venti per cento, per avere la possibilità di convocare l’assemblea ordinaria che c’ha un valore diverso dalla partecipazione... tanto dal 17 e 70 al 20... non è che ho speso... ho speso 25,30 milioni di euro, non è che ho speso 200 milioni di euro». P.M.: «Questi contatti con il professor Rossi ci sono stati?». RICUCCI: «Io personalmente mai, sempre il professor Irti».

 

La telefonata con Letta

Durante l’interrogatorio del 5 giugno 2006, Ricucci entra nei dettagli della trattativa per il controllo di Rcs. «La terza cosa ma è che non è per terza per... per ultima ma era tutto contestuale questa cosa qui, cioè questa trattativa era partita di uscita mia, o l’entrata nel patto era tra giugno e luglio... da quando ho superato il 15 per cento in poi era diventata una cosa più importante». 
P.M.: «Come iniziò la trattativa Lagardère?». 
RICUCCI: «La trattativa Lagardère non è che una mattina... Lagardère... fu Lagardère a contattarmi a me, attraverso Alejandro Agag che io non conoscevo assolutamente e che mi ha prese... che me l’ha presentato Livolsi è un amico intimo di Berlusconi... tant’è che il testimone è Berlusconi. Cioè nel suo matrimonio insomma... Berlusconi, Casini e lui sono mo... perché lui stava nel Partito Popolare Europeo». 
P.M.: «Anche... Agag...» 
RICUCCI: «Quindi Agag chiama Livolsi che era notoriamente il mio advisor: "Tu conosci Ricucci?—dice—"certo che lo conosco...", cioè io ho il mio amico Arnauld Lagardère che è amico di Alejandro Agag che è molto interessato a investire in Italia nel settore in questa... gli piacerebbe molto avere un contatto con... con Ricucci, visto che è un uomo importante. Che cosa fa Livolsi? Chiama Letta, Gianni Letta, per farsi accreditare questa operazione, questo è vero... è vero perché una volta Livolsi quando mi spiegò... mi telefonò: "Guarda mi ha contattato Alejandro Agag per fare... Io per fare questa cosa ho bisogno che prima ne parli col dottor Letta, ho detto benissimo, ho detto vai te... vai a parlare perché io non lo conosco". Quando è andato... siccome Livolsi due volte alla settimana viene a Roma il martedì e il mercoledì mi sembra e quando mi telefonò era una se... un fine settimana, mi disse: "Io vado, ho preso l’appuntamento... in settimana che io arrivo a Roma, vado dal dottor Letta e poi se lui è d’accordo nel portare avanti questa trattativa ti chiamo e ti confermo se cominciamo a fare questa trattativa". Andò dal dottor Letta, me lo passò al telefono, e questo era ai primi di giugno, metà giugno e il dottor Letta mi disse: "Mi sembra che sia una strada buona, assolutamente di prestigio, questa operazione, perché mi sembra, se lei la vuole portare avanti la porti. Mi sembra una cosa percorribile, e in più le posso fare... le posso chiamare anche il mio omologo francese, il mio... cioè il Letta francese per dare... per dare a voi come azienda un accredito, non so se... ho detto bene". Ho detto la ringrazio e poi mi ha ripassato Livolsi adesso... lui mi disse pure il nome di chi... chi era questo omologo suo... il Letta francese, che io non me lo ricordo adesso sinceramente, però è facile sapere chi è. Questa è l’unica volta che io ho parlato con Letta al telefono, me lo passò Livolsi che era... penso a Palazzo... o a Palazzo Grazioli adesso non so dov’era. Livolsi lo incontrai una sera sempre a Roma dopo questo incontro che lui fece col dottor Letta emi disse che Letta aveva telefonato al suo omologo francese e aveva dato questo accredito per... Lagardère non ci conosceva come azienda e fissammo l’appuntamento a Parigi e andammo a Parigi e da lì iniziò questa... ecco, volevo precisare questo, come era nata questa cosa di Lagardère insomma...»

 
L'incontro con Berlusconi

Nell’interrogatorio del 24 maggio, riferendosi a Berlusconi, Ricucci aveva raccontato: «L’unica volta l’ho incontrato il 22 giugno 2005 all’inaugurazione dell’auditorium della Confcommercio... Ci appartammo in sette, otto persone in foresteria. C’era Billè, io, Carletto Sangalli l’attuale presidente di Confcommercio, Paolucci il presidente di Microsoft e Resca consigliere dell’Eni ed ex commissario della Cirio.E quindi mi parlò, Berlusconi mi fece una battuta, mi ricordo ancora adesso. Dice: «Lo sa perché ce l’hanno tutti con lei? Perché io e lei ci accomuna una cosa, ci piacciono a tutti e due le belle donne». Punto. Io tante volte cercai... Guardi io Berlusconi non l’ho mai votato, io ho sempre votato... comunque Berlusconi lo stimo come imprenditore, come politico per me non vale niente, quindi... Però voglio dire, finché è presidente del Consiglio è presidente del Consiglio». Il 5 giugno il ricordo appare più preciso. «Berlusconi mi disse: "Beh, poi so che lei sta andando avanti su quella trattativa, me l’ha detto il dottor Letta, ha detto mi sembra una cosa buona"».
Un via libera dunque che in seguito spinse Ricucci a cercare un altro contatto diretto. E così ne spiega i motivi: «Il mio unico contatto per potere... era con Livolsi o Romano Comincioli, perché Romano Comincioli lo conosce molto bene sono amici di infanzia... a Livolsi però io non avevo mai detto della mia trattativa riservatissima che avevo iniziato con il professor Rossi e Irti. Livolsi non l’ha mai saputo, mai. Quindi io volevo dire a Livolsi ehm... volevo dire a Berlusconi "Guarda che io... perché io gli dissi... Livolsi ci ha delle... neanche Livolsi sa determinate cose" e io gli volevo dire "guarda che se noi, se io porto avanti la trattativa con Lagardère tu devi sapere che io ho anche quest’altra trattativa no, tu devi... perché in questo mondo se tu crei... si crea poi il caos come poi è successo, perché è successo? Perché Lagardère quando io andai a Parigi attraverso Lagardère in Francia, è un po’ come la famiglia Agnelli in Italia, non so se... anzi il vecchio Lagardère erano amici storici della famiglia Agnelli, insomma, e hanno un forte legame, molto forte, con Mediobanca, Fiat e quant’altro e in più Arnauld Lagardère, il giovane, perché il papà è morto è molto amico di Elkann, Montezemolo, e attraverso l’azienda Dassò sono soci del patto di Mediobanca, tant’è che allora Lagardère mi disse: "Io prima di chiudere questa operazione io devo parlarne con i miei soci Dassò e con Tarak Ben Ammar e infatti entrò dentro anche Tarak Ben Ammar che è l’uomo che fa da congiunzione tra la Francia e l’Italia in tutto questo... in tutti gli investimenti francesi, rappresenta circa il 20 per cento nel patto di Mediobanca Tarak Ben Ammar che è molto amico sia del gruppo Lagardère, ma anche molto amico del gruppo di Berlusconi... insomma è una persona molto vicina, tant’è che Letta disse di parlarne anche a Tarak Ben Ammar, quando il dottor Arnauld Lagardère parlò con Fiat... Montezemolo e Elkann e contestualmente c’era l’altra trattativa aperta con Rossi e Irti queste cose... si crearono degli scontri fortissimi, ecco perché è successo tutto questo caos. Tutto questo è successo tra giugno e luglio, in quel momento preciso c’erano tre aspetti deboli in questa aria del patto Rcs. C’era il rinnovo del convertendo Fiat, c’era il rinnovo del gruppo, il patto Pirelli-Telecom, Olimpia e c’era il rinnovo del patto Capitalia. Non so se voi avete inquadrato un po’ il patto Rcs-Mediobanca come funziona ».
Ricucci fa il quadro della situazione e delle alleanze. Sostiene che «in Rcs c’è un’area di centrodestra molto debole e c’è un’area di centrosinistra molto forte, l’area di Tronchetti si è spostata... si è spostata più verso l’area di centrodestra». E proprio in questo quadro aggiunge: «Io immagino che il dottor Lagardère l’avrà detto: "Io ho ricevuto una telefonata dal dottor Letta tramite l’omologo del... il sottosegretario alla presidenza di Chirac, quindi si è creato questo caos».

 

Il segreto con Rossi e Irti 

P.M.: «Perché era venuto fuori?». 
RICUCCI: «Si è creato questo... come debbo dire, involontario, perché io non avevo detto nulla né a Lagardère, né a Livolsi, né a nessuno che io avevo invece contestualmente iniziato anche un’altra operazione che era quella di vendere la quota al patto e tenermi il 4/5 per cento e entrare nel patto. Quindi questa cosa io l’avevo tenuta assolutamente segreta, tant’è che c’era un patto di riservatezza molto forte che aveva fatto il professor Irti con il professor Rossi e quant’altro, quindi si è creato proprio, si è creato, involontariamente no che l’ho creato volontariamente, si è creato questo, questo... incidente come debbo dire, si so' creati dei malintesi forti...». 
P.M.: «Io vorrei capire meglio qual era la necessità di un accredito». 
RICUCCI: «Se tu non hai un accredito, non è che la Magiste è un’azienda che tu puoi... devi essere accreditato, devi essere... non è che Lagardère conosce Magiste, conosce Stefano Ricucci ». 
P.M.: «Ma perché cercare un accredito proprio da Letta e perché sperava che Letta poi...». 
RICUCCI: «embeh, ma il partito... Lagardère è notoriamente amica del gruppo di centrodestra, il governo di centrodestra ehm... il dottor Letta non è uno che... se te deve di’ de no te lo dice subito, non ti dice sì e poi non lo fa...». 
P.M.: «Vorrei capire, a un certo punto lei ha paura che le due trattative, ci sia un corto circuito, che si venga...». 
RICUCCI: «C’è stato un corto circuito... adesso posso dirlo. Io non mi ero attivato soltanto con il dottor Letta, o tramite Livolsi, o con Berlusconi attraverso Romano Comincioli. A Comincioli gli dissi: "Cerca di farmi incontrare il presidente perché io gli devo dire che ho queste due... ma non lo dissi neanche a Comincioli gli ho detto io gli devo dire delle cose che Livolsi non sa». 
P.M.: «E che c’entra Berlusconi?». 
RICUCCI: «Berlusconi rappresenta... ma il presidente del Consiglio del Paese, come che c’entra?». A questo punto Ricucci rivela i suoi contatti con Romano Prodi e con il suo staff. «Il presidente del Consiglio del paese non può... è come se adesso vado a parla’ con Prodi, come... Prodi mi da... io cercai anche il professor Prodi attraverso Angelo Rovati che è un mio amico, Angelo Rovati mi ha chiesto... tant’è che una volta venne in ufficio da me Angelo Rovati con il dottor Costamagna che è notoriamente un prodiano, ma il professor Irti stesso, lo stesso Irti è il consulente di Prodi, eh, il professor Irti... tant’è che l’8 luglio mi chiamò Prodi»

 

Contatto con Prodi e Rovati

P.M.: «Ma il presidente del Consiglio viene a sapere che lei ha due trattative...». 
RICUCCI: «Dottor Cascini, se uno... se uno deve andare... se uno vuole entrare in Rcs deve avere dei consensi politici, ma questo per... a destra e a sinistra... Alfonso Pecoraro Scanio il 12 luglio perché lo... perché anche lui è importante. Nicola Latorre che io volevo parlare con... anche il dottor D’Alema, tutti... cioè se tu non hai un consenso politico non entri dentro Rcs ... puoi avere pure un miliardo.., tre miliardi di euro...». I suoi tentativi di tessere queste relazioni, Stefano Ricucci li racconta quando gli chiedono conto di un biglietto d’auguri mandato a Berlusconi. «Ma mica solo a lui, pure al governatore, ma mica lo conoscevo prima. Poi l’ho conosciuto nel 2005 il governatore...». 
P.M.: «Però gli faceva gli auguri di compleanno? Cioè lei ha le date del compleanno di tutte le persone importanti?». 
RICUCCI: «La mia segreteria... il governatore è nato lo stesso giorno dopo, l’11 ottobre, voglio dire... Ma mica solo a loro, pure a D’Alema glieli ho fatti, cioè pure a Fassino, pure a Prodi l’8 luglio mi ha telefonato, mi ricordo come se fosse adesso. Alle ore 15.30, io stavo in banca, per farmi gli auguri del matrimonio perché io avevo chiesto a Prodi se mi poteva fare un accredito dentro al patto attraverso Bazoli. Angelo Rovati, me l’ha portato Rovati... quel signore alto...».

  

Il piano Legardère 

Ricucci illustra anche quale fosse il futuro del gruppo Rcs. 
RICUCCI: «Lagardère voleva comprare la mia quota...». 
P.M.: «Per farci che?». 
RICUCCI: «Per poi lanciare l’Opa... C’erano tre aree che erano molto deboli in quel momento... sicuramente uno molto debole era il 10 per cento di Fiat, in quel momento la Fiat era crollata, era a 5 euro, 4 euro e mezzo, se uno lanciava un’Opa a 5 euro e mezzo a 6 euro la partecipazione del 10 per cento di Rcs che ha Mediobanca, che ha Fiat in Mediobanca valeva 500 milioni di euro. Da un punto di vista azionario come faceva Fiat a non accettare una cifra del genere, quando le banche che fanno parte del patto Rcs sono quelle che devono fare il convertendo in Fiat. A questa cosa qui, non è che... poi io non so... Io sinceramente dottor Cascini non ci ho mai parlato con Tarak quindi, però immagino che Tarak sia la persona che... siccome era una persona di fiducia all’interno del patto di Mediobanca e di Rcs ed è contestualmente una persona di fiducia anche dell’area di centro destra... possa essere stata la persona più giusta per poter mediare queste due... queste due richieste». 
P.M.: «E oltre al prezzo di che cosa avete discusso con Lagardère?». 
RICUCCI: «Ma di tutto... di tutto il piano industriale, per esempio Lagardère mi disse, c’era anche un altro aspetto che era molto importante, era tutto il discorso di come scorporare... io infatti questo me lo so’ segnato, quando... anche in agosto quando andò avanti questa trattativa c’era tutto il discorso di Rcs Periodici, Rcs Libri perché a loro interessa molto ehm... Rcs ha la parte libri molto forte in Francia che è la Flammarion e a Lagardère interessava molto questa... tant’è che loro... dissero se a limite non troviamo un accordo... nel distribuire tutto il gruppo Rcs attraverso un’Opa possiamo comprare soltanto la quota tua e fare uno scambio azionario in modo tale che Rcs ci cede Rcs Periodici che noi possiamo fonderla con il nostro gruppo».

 

Il rifiuto di Caltagirone 

Ricucci racconta il tentativo di convincere Francesco Gaetano Caltagirone a entrare nell’operazione Rcs. 
P.M.: «Che gli ha detto a Romano Comincioli? ». 
RICUCCI: «Se poteva, attraverso Berlusconi, telefonare a Caltagirone per cercare di convincerlo a prendere una quota del 4/5 per cento, perché lui ci aveva una quota sotto al 2 per cento, ce l’ha sempre avuta Caltagirone, ho detto però, Caltagirone la può compra’ al 4/5 per cento di Rcs, per lo meno il 5 per cento, siccome io mi ero impegnato con il mondo francese, con Lagardère di portare per lo meno con me 4/5 personaggi... al di fuori del patto. Loro avevano individuato nella Bpi, in Caltagirone, in Statuto e in Coppola e me, e già in 5 potevamoavere un 25 per cento no, non so se... il 30 lo avrebbero ritirato loro, che poi si sarebbero ridistribuiti con il... con una parte del patto a discapito di altri, cioè chi è che si doveva tirar fuori in questo disegno... Fiat, Romiti, Bertazzoni, Quadrino, tutti quei, quote minimali, non so se, mica Mediobanca, Banca Intesa e Generali, quelli no, ma per carità. Nè Tronchetti,masicuramente la Fiat in quel momento valeva 5,00 euro, ci avevano bisogno di soldi, le banche che dovevano essere... gli dovevano convertì le azioni perché la Fiat non glie’ vo’ rida’ i soldi co’ 3 miliardi di euro, se gli dai 500 milioni di euro per la partecipazione, dovrebbero accettarlo no, che fa, dice no io la mia quota di partecipazione a Rcs non la vendo, però voglio pure le proprietà di 3 miliardi le azioni Fiat, ma come cioè.., in quel momento era un... era importante. Non so se mi ha capito il senso politico di questo... Io con Caltagirone ho parlato sia prima che dopo, soltanto che lui tra il prima e dopo si è venduto il 2 per cento. E io lì ci rimasi male, quando lui ha fatto questa cosa, perché lui mi aveva fatto mezzo capire che poteva starci. E lui mi dice: "Però io quando ho pigliato ’sta partita Bnl, ne riparliamo"». 
P.M.: «E quindi ha chiesto a Berlusconi di fare da intermediario, ha chiesto a Comincioli?». 
RICUCCI: «A Comincioli dovrebbe esse... cioè non è che gli ho chiesto per telefono, gli ho chiesto, vorrei avere questo appuntamento perché vorrei chiedere a Berlusconi se poteva, se mi può fare questa cortesia di fare... di chiamare l’ingegner Caltagirone per potermi dare una mano su questa operazione qua. Se si poteva prendere per 10 meno il 5 per cento, il 4/5 per cento della quota di Rcs». 
P.M.: «E lei sa se è stato fatto qualche passo verso Caltagirone?». 
RICUCCI: «No... non c’è stato l’appuntamento con Berlusconi».
 
Caltagirone disse: Unipol un sistema Consorte chiamava Massimo e Piero
La cordata con Francesco Gaetano Caltagirone, la trattativa con Consorte, ma soprattutto i personaggi che si muovevano nell’ombra dell’affare Unipol-Bnl vengono raccontati da Stefano Ricucci in diversi interrogatori. Davanti ai magistrati l’imprenditore romano rivela il ruolo delle banche, l’interesse dei politici che aveva ascoltato quasi in diretta, oppure intuito, e i suoi rapporti con gli ufficiali della Guardia di Finanza che gli avrebbero «soffiato» notizie sull’inchiesta in corso e ai quali lui stesso avrebbe raccontato i retroscena dell’operazione. L’indagine non è chiusa.
Una informativa del nucleo Valutario della Guardia di Finanza ha infatti evidenziato sospetti di aggiotaggio sul titolo Bnl e sotto inchiesta sono finiti i movimenti dei contropattisti. Nell’interrogatorio del 16 maggio 2006, in una saletta di Regina Coeli dov’è l’immobiliarista detenuto, il pubblico ministero chiede proprio conferma di alcune confidenze che Ricucci avrebbe fatto a un investigatore della Guardia di Finanza.

P.M.: «La domanda è molto semplice: lei a Carano (ufficiale della Gdf, ndr), su Unipol-Bnl che cosa ha detto?».
RICUCCI: «Io ho detto che abbiamo fatto la trattativa con Unipol, ma l’ha fatta soprattutto l’ingegner Caltagirone... Quindi l’ingegner Francesco Gaetano Caltagirone che ha detto che Unipol era interessata a rilevare le nostre quote e quindi questo gli ho raccontato. Ma voglio dire, poi c’era Consorte, e Sacchetti che notoriamente è vicino al mondo politico di sinistra (...)».
P.M.: «Carano dice di aver saputo da lei che i vertici Unipol avevano fatto riunioni con esponenti politici sulla questione...».
RICUCCI: «Lo diceva Consorte pubblicamente nelle riunioni che noi facevamo. Parlavano al telefono sempre... Stava lì al telefono davanti a me "Ciao Massimo, ciao Piero", davanti a noi... Caltagirone che parlava con suo genero di assegni, era tutto pubblico... L’ingegner Francesco Caltagirone ha trattato direttamente con Consorte e la Banca d’Italia, quindi avvertendo il Governatore continuamente, finché noi abbiamo chiuso il prezzo e mi impuntai, perché io volevo 3 euro e mi fecero enormi pressioni. Questo ho raccontato a Carano e questo vi sto dicendo. (...)».
P.M.: «Quando lei dice "mentre facevamo la trattativa Consorte alza il telefono, ciao Piero, Ciao Massimo", immagino si riferisca a Fassino e a D’Alema...».
RICUCCI: «Ma Unipol è... Perché ve lo dico io? Io sono d’accordo, non è che... Per me è positivo che ci sia un vantaggio politico, una fusione politica. Un concetto del genere lo accetto, è una cosa buona... Chi è che le può rispondere perfettamente su questo è l’ingegner Francesco Gaetano Caltagirone, il dottor Gianni Consorte e Ivano Sacchetti. Noi ci siamo trovati, io e le altre cinque persone appena entrati, nella stanza dell’ingegner Francesco Caltagirone, nella sala riunione, Consorte e Sacchetti. E chi lo sapeva? Immaginerò che c’è stata una trattativa prima, no? Non con me, con Caltagirone e immagino, vista la confidenza che già era in quel momento, immagino... visto che si parlavano... Quello parlava al telefono con la Banca d’Italia, quello parlava al telefono con Fassino, quell’altro parlava e... Io sono arrivato e ho detto: "Io non vendo a 2,70, io se volete vendo a 3 euro". Fecero l’ira di Dio. Ho detto: "Sentite, a me non è che mi potete convincere su una cosa che... Io se volete... vorrà dire". Ci siamo accordati con enormi pressioni che mi fece Caltagirone. Dice "Guarda... è un’operazione di sistema, è di qua, è di là". Alla fine, dopo due giorni io decisi di vendere a 2,70 euro. Sono stato io. Ho fatto aumentare il prezzo da 2,40 a 2,70, perché loro volevano vendere a 2,40)(...)»

 
Nello studio di Melpignano

P.M.: «È vero che lei riferì a Carano di incontri fra vertici Unipol ed esponenti politici a San Lorenzo in Lucina?».
RICUCCI: «Nello studio Melpignano? Al primoappuntamento l’ingegner Caltagirone mi disse: "Devi incontrare l’ingegner Consorte presso lo studio Melpignano"... Io ho detto a Carano che l’universo Unipol vedeva di buon occhio il vertice Ds, D’Alema e Fassino, affinché Unipol comprasse Bnl. Io incontrai Consorte da Melpignano, poi arrivò Ivano Sacchetti che era l’altro amministratore delegato. Dopo di me arrivò l’ingegner Caltagirone, poi arrivò Statuto, poi arrivò Coppola, poi... tutti quanti... Poi ci siamo messi d’accordo. (...)».
I pmcercano di far capire a Ricucci il senso delle loro domande, ma l’immobiliarista continua a rispondere in modo che ai magistrati appare evasivo, finché interviene l’avvocato difensore Grazia Volo: «Il discorso è semplicissimo: Carano sostiene di essere stato informato da te di attività sostanzialmente illecite tra Unipol e i vertici Ds».
RICUCCI: «Per carità, mai! (...) Il punto è questo. Tutti quanti hanno parlato dell’operazione Unipol-Bnl in modo errato, secondo me. Tutti. Notizie, giornali, e lo stesso Carano ne parlava male. Io gli spiegai che questa operazione fu perfetta da parte di Unipol, Consorte e Sacchetti, sia nei modi sia nei tempi. Io non ero d’accordo solo sul prezzo,ma poi dopo mi sono dovuto adeguare a 2,70 euro. Ma per quanto mi riguarda i tempi e i modi sono stati perfetti. (...) Noi, noi contropatto, non io, in sette persone, abbiamo trattato con Unipol attraverso l’ingegner Caltagirone. (...) Nel modo più perfetto e automatico e trasparente del mondo, Unipol ci disse: "Noi abbiamo con noi Nomura, Deutsche Bank, cooperative, Opa e...". Insomma, erano cinque o sei persone che potevano comprare le nostre quote. Nel sorteggio ame uscì Nomura, e io ho venduto la mia partecipazione alla Banca Nomura. (...) Poi che Unipol avesse avvertito prima e dopo e durante Fassino, D’Alema e quant’altro... Ma per meè pure giusto.Mache Caltagirone è il suocero di Casini e non l’avverte? Scusa eh... Non lo so, io penso... Immagino di sì, l’ho sentito anch’io per telefono questo, come ho sentito per telefono che Caltagirone chiamava il Governatore, chiamava Frasca... È normale per avere un’autorizzazione verbale, come debbo dire? Un consenso di fattibilità, se questa operazione si poteva fare o meno e se era ben accetta dalla Banca d’Italia... Cioè, è così che si fa... (...)».
P.M.: «Quando e come lei ha saputo dell’interesse di Unipol per Bnl? (...). La prima volta che lei ha avuto notizie di questi incontro, quand’è? ».
RICUCCI: «Me lo disse Fiorani nell’estate del 2005 (...). Per telefono Fiorani, sul suo telefonino, al bar.. Eravamo a Cala di volpe! Andammo lì a prendere un aperitivo... Lui mi disse questa cosa qui: "Guarda che Consorte sta trattando con Caltagirone", mi fa. Ho detto: "Ah, caspita è importante questo, tanto è andata in fumo l’operazione Banca popolare di Novara,". Dice: "Però non vuole spendere più di 2,40 euro, 2,50", gli ho detto: "Veda... Co’ ’sti prezzi facesse come gli pare". Poi dico "no, ma dai... su queste cose... bisogna vede’". Me lo passò per telefono, e poi mi disse "Tanto ci vediamo, che io ho appuntamento con l’ingegner Caltagirone, sto a tratta’...". Consorte mi disse questo»

 
Gli agenti di Bonsignore

Una settimana più tardi, il 24 maggio, sempre nel carcere di Regina Coeli i pubblici ministeri e Ricucci tornano a parlare della vicenda Unipol- Bnl. L’immobiliarista ripete i contatti e gli incontri con Consorte, fino alla vendita delle azioni Bnl del 18 luglio 2005. Dalle domande emerge il sospetto degli inquirenti su un’operazione di aggiotaggio, che potrebbe coinvolgere gli stessi contropattisti di Bnl.
P.M.: «Lei sa chi ha comprato Bnl il giorno immediatamente precedente il 18 luglio, facendo salire il prezzo del titolo? Prima del contratto che avete fatto ci sono stati degli acquisti forti sul titolo Bnl, il titolo non valeva 2,70 prima del 18 luglio, è andato sul mercato a 2,70».
RICUCCI: «Io sui titoli non c’entro niente».
P.M.: «Sono stati comprati titoli sul mercato di "Hedge Fund" inglese, lei non me sa niente?».
RICUCCI: «Per carità! Zero!».
P.M. «Non è roba sua».
RICUCCI: «No».
P.M.: «Stavolta non c’entra niente, eh?».
RICUCCI: «Se lei vuole gli dico di sì, ma...».
P.M.: «No, è per sapere, e scopriremo prima o poi chi sta dietro questa "Hedge Fund". Era una domanda legittima per sapere se per caso lei ne sapeva qualcosa sull’allineamento al mercato al prezzo che avevate concordato voi».
RICUCCI: «Ma guardi che in tre giorni è successa questa cosa (...)».
P.M.: «Degli acquisti fatti da Unipol su Bnl le non ne sa nulla?».
RICUCCI: «Zero! Io proprio il mondo Unipol non lo conosco. Io gli ho chiesto un affidamento di 80 milioni di euro, però me l’ha bocciata Consorte (...)».
P.M.: «Lei è stato socio di Bnl per lungo tempo, dell’esistenza di un socio che deteneva un pacchetto rilevante di Bnl ha mai sentito parlare? Un socio non dichiarato, non ufficiale».
RICUCCI: «Sì, sì, se ne parlava, erano gli argentini... Se ne parlava così, non è che gli posso... (...) Perché lei mi vuole far prendere una denuncia a me? Lei chiuda il microfono e io glielo racconto ».
P.M.: «Questo non è possibile (...)».
RICUCCI: «Su Unipol c’erano tutte le altre banche, c’era la Carige, la Banca popolare dell’Emilia Romagna, c’era la Banca popolare di Vicenza ».
P.M.: «E avevano quote di Bnl?».
RICUCCI: «Certo. E appoggiavano l’operazione Unipol».
P.M.: «E rastrellavano azioni Bnl?».
RICUCCI: «E certo».
P.M.: «Anche Gnutti?».
RICUCCI: «Gnutti era il numero uno, cioè...».
Al pubblico ministero interessano i «soci occulti » di Bnl, ma a Ricucci l’argomento non piace: «Degli argentini non deve parlare con me. Lei si convochi Bonsignore e Caltagirone e se lo faccia dire. Che lo chiede a me?».
P.M.: «Ma lei cosa sa?».
RICUCCI: «Io non so niente. Conosce Catini? Si chiama tutti e tre, si mette qui e se lo fa spiegare ».
P.M.: «Ma perché lei sa che queste persone sanno qualcosa di questo pacchetto?».
RICUCCI: «Chi vive in un mondo finanziario sa di queste cose, ma non è che ha delle prove. Si sa... Non so’ cose palpabili...».
P.M.: «Eh, allora dica "Ho sentito dire che..."».
RICUCCI: «Ma non posso dire così. Scusi eh, lei fa il pubblico ministero, lei ha tutti i poteri per chiamare queste persone, che sono i diretti interessati, gli fa delle domande e si fa dare delle risposte. Che lo vuole dare a me ’sto problema? Non ho capito perché mi vuole dare ’sta croce!... Io le ho dato un indirizzo, adesso lei utilizzi questo indirizzo».
P.M.: «Ma se mi dice "chieda a quei tre" qualcosa deve sapere».
RICUCCI: «Ma non sono tre, chiami anche la Banca Finnat. (...) Chiami De Bustis. Lo sa chi è la moglie di De Bustis?».
P.M.: «No, che ne so io...».
RICUCCI: «È il capo dell’ufficio finanza in relazione alla Banca Finnat».
P.M. «E che cosa c’entra con questi argentini? ».
RICUCCI: «La Banca Finnat fa per mestiere principale la fiduciaria (...)». Ricucci fa capire che non vuole parlare, dice non può, che se affronta il discorso di Giampiero Nattino e della Banca Finnat rischia addirittura la vita.
RICUCCI: «Giampiero Nattino è il proprietario della Banca Finnat. È il maggiore... È quello che ha curato tutta l’operazione Bnl, del contropatto. Non per quanto mi riguarda, perché io le azioni Bnl ce l’ho da ottobre 2003, a me mi ha finanziato la Banca Carige. La Banca Finnat io l’ho conosciuta nel mondo Caltagirone».
P.M.: «Ma fa da fiduciaria a chi?».
RICUCCI: «A tutti. I più grandi imprenditori (...)».
P.M.: «Da Caltagirone bisognava andare per parlare di questo pacchetto?».
RICUCCI: «Io non le ho detto questo... Lo dice lei, veda lei!».
P.M.: «Va bene, ha altro? (...)».
RICUCCI: «Mi dite per cortesia quando mi rimandate a casa?».
P.M.: «Attendiamo un attimo la trascrizione».
RICUCCI: «Che posso inquinare? Manco il Tevere posso più inquinare io!». 

Tags: banche, scalate, ricucci, verbali, rcs, furbetti

Stampa Email

Frammenti sulla Liguria

Frammenti su altre Regioni

Dossier & Speciali

I siti per le segnalazioni

Osservatorio Antimafia
www.osservatorioantimafia.org

Osservatorio Ambiente e Salute
www.osservatorioambientesalute.org

Osservatorio sulla
Pubblica Amministrazione
www.osservatoriopa.org

 

e presto online

sito in fase di allestimento