Le conclusioni della Relazione della Commissione di Accesso Asl Locri
Relazione Commissione di Accesso Asl Locri
Conclusioni
Preliminarmente si evidenzia che l’esigenza di rispettare il più possibile il tempo assegnato ha determinato, per la Commissione , la necessità di effettuare una selezione di argomenti e di attività amministrative da analizzare...
L’attenzione è stata così rivolta sulle tre macro-attività nelle quali si concentra la spesa dell’A.S.: gli acceditamenti; la gestione dell’attività contrattuale; il personale.
In ogni caso, una valutazione complessiva del lavoro svolto, ha determinato la convinzione che gli indizi raccolti in ordine alla esistenza di una infiltrazione della criminalità organizzata, hanno dimostrato la compromissione del regolare legittimo andamento della gestione della cosa pubblica.
Infatti è apparso rilevante che l’analisi degli elementi raccolti – anche indiziari – ha condotto alla ragionevole possibilità che, per il modo complessivo di atteggiarsi dell’A.S., si siano di fatto determinati condizionamenti che hanno indotto l’Ente a comportamenti non consoni alla cura degli interessi pubblici, allo stesso demandati dall’ordinamento giuridico.
Peraltro la presenza all’interno dell’A.S. di personale, medico e non, legato da stretti vincoli di parentela con elementi di spicco della criminalità locali o interessati da precedenti di polizia giudiziaria per reati comunque riconducibili ai consolidati interessi mafiosi, ha permesso di verificare non solo la presenza di un “contatto” tra le organizzazioni malavitose e l’Azienda, bensì una vera e propria “infiltrazione” in quest’ultima.
In altri termini, il quadro indiziario dal quale si è desunta l’esistenza di una pressione dall’esterno della ‘ndrangheta trova la sua continuità nel condizionamento che sulle scelte gestionali e di indirizzo la stessa organizzazione ha potuto esercitare dall’interno attraverso la presenza di personaggi quanto meno permeabili. Tale prospettazione che emerge dagli accertamenti, è confermata dalla sistematica omissione dell’A.S. nell’attivazione di procedimenti disciplinari nei confronti di dipendenti gravati da precedenti penali, avallata dalla scelta di non ricostituire la commissione di disciplina che difatti è da tempo inattiva.
A ciò aggiungasi che le pronunce di interdizione dai pubblici uffici emesse dall’Autorità Giudiziaria rimanevano ineseguite, o eseguite a distanza di molti anni, così consentendo la indebita prosecuzione del rapporto di impiego con personaggi di dubbia moralità che in tal modo - non si può escludere - potevano continuare a ricoprire un ruolo di collegamento tra l’Azienda e la criminaliatà.
Il quadro che emerge fa ragionevolmente presumere che forze mafiose locali si siano infiltrate nell’area dell’istituzione sanitaria, e sovrapponendosi ai rispettivi organi abbiano potuto minacciare la serenità nelle scelte decisionali di fondo in modo tale da non poterle più ritenere riconducibili all’autonoma e consapevole volontà dell’Azienda Sanitaria.
Ciò ha consentito la reiterazione dei comportamenti dell’A.S., sui quali ci si ampiamente soffermati nella relazione, che chiariscono l’esistenza di quel quadro indiziario di condizionamenti nella gestione della cosa pubblica che, nel suo complesso, risulta ispirata ad un deviato fine dell’esercizio dell’azione amministrativa e degli interessi della collettività.
È apparso evidente che i settori della spesa pubblica sono dirottati verso strutture private accreditate che hanno potuto indebitamente beneficiare di introiti talvolta pari anche al triplo di quello determinato con i tetti sanitari.
E non può non escludersi, data anche la enorme mole delle prestazioni erogate da tali strutture, che l’incremento del ricorso alle strutture accreditate sia stato in qualche modo incentivato, o comunque non arginato dalla stessa amministrazione sanitaria.
In tal senso va letta anche la non verosimile quantità di prestazioni che spesso alcune strutture hanno dichiarato di aver reso, alle quali è conseguito un esorbitante pagamento delle fatture che non sarebbe stato evidentemente possibile se fosse stato attivato un monitoraggio, se non addirittura una verifica generica che avrebbe consentito di far emergere ictu oculi l’impossibilità di erogare un numero così elevato pro capite e pro die.
La sistematica violazione delle regole di buon andamento ha poi, come ampiamente detto, trovato ulteriore riscontro nella perdurante inapplicabilità delle regole di evidenza pubblica nella scelte dei contraenti e più in generale nell’attività contrattuale con particolare riferimento alla privativa industriale ed agli acquisiti a mezzo delle reiterate proroghe, rinnovi ed acquisti fiduciari.
In estrema sintesi, ed in conclusione, da un lato, si è riscontrata un’arbitraria occupazione da parte della criminalità locale organizzata, e dall’altra una compressione dell’autonomia dell’A.S. la cui volontà è risultata fortemente diminuita.
Reggio Calabria, 25 marzo 2006
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