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Lettera aperta sul caso Delfino

La Giustizia non fa le Leggi. E le Leggi in Italia sono troppe, confuse, piegano spesso la logica del Diritto, anzi sovente lo negano. Il Potere legislativo è schizzofrenico, spesso presenta i propri provvedimenti come soluzione, quando invece non lo sono, a volte nemmeno minimamente. Ed il Potere giudiziario non può che applicare queste Leggi, in una sempre più ristretta possibilità di interpretazione. Si è parlato di "giusto processo" a lungo, lo si è inserito nella Costituzione, e si scopre poi che quella parola, "giusto", suona come una beffa. Questo in generale, soprattutto per imputati "eccellenti", e sempre più spesso con ripercussioni drammatiche anche su delitti efferati. La "Legge è uguale per tutti", ma l'Italia è il Paese dove i molti sono più uguali degli altri...



Il sistema che il Potere Esecutivo ed il Potere Legislativo hanno consolidato è un sistema di disuguaglianza totale, incapace di adempiere ai compiti fondamentali: impedire il delitto e garantire, con la pena, il recupero sociale. Ma attenzione, questo è accaduto perchè la società, cioè la comunità, ha acconsentito e lo ha permesso. Da un lato non esistono norme che, ad esempio, permettano interventi contro quanti minacciano aggressione per instabilità o reticenza, dall'altro non esiste un sistema che recuperi. La prevenzione e la riconciliazione (cosa diversa dal "perdono") non sono, di fatto, nei fatti, contemplate. E senza queste il sistema crolla e la Giustizia non si afferma.

Non si può pensare che un indiziato per un delitto come l'assassinio possa essere libero e così capace di tornare ad uccidere. Certo. Ma il Diritto ci dice che la libertà è inviolabile e la Giustizia non può violarla senza prova certa. Il punto è, quindi, un altro. Perchè non esiste una Legge che permetta di intervenire, di prevenire, delitti (e quindi il ripetersi di delitti), ponendo sotto tutela e controllo quanti si sono mostrati colpevoli di episodi violenti, di minaccia ed aggressione.. sia per instabilità mentale, sia per propensione al crimine? Il caso Delfino non è unico e non è isolato. Se vi fosse una Legge, il Potere Giudiziario potrebbe applicarla, senza ha le mani legate.

Ma poi, soprattutto, la Comunità deve essere sentinella e argine. La Giustizia può arrivare solo quando il delitto è stato consumato, e solo se vi fossero Leggi adeguate potrebbe anche intervenire per prevenire. La Comunità può invece essere capace di comprendere dove si annidano propensioni alla violenza, segnalarle e pretendere che si adottino i provvedimenti necessari. La Comunità può fare scudo con la propria solidarietà e vicinanza a chi è possibile vittima. Ma se la Comunità è apatica, quando non addirittura infettata dal fascino del male, allora non esiste freno e non esisterebbe, attenzione, nemmeno la possibilità, se ci fosse una Legge adeguata, per qualunque Giudice, di avere testimonianze che gli permettano di adottare quei provvedimenti di prevenzione necessari. Se la Comunità non è capace di farsi carico del "recupero" non si può pensare che un provvedimento dell'Autorità possa essere risolutivo.

Ma poi, inoltre, se la macchina della Giustizia è piegata dalla mancanza di risorse e di organico, quando non da provvedimenti di indulto, allora si può pensare che una denuncia per minaccia o intimidazione possa servire a fermare un soggetto propenso al crimine? Certo che no, sono sanzioni irrisorie quelle che potrebbero essere applicate, ridicole a confronto delle pene previste per altri reati certamente meno gravi. A nulla potrebbero servire però, anche se la macchina giudiziaria fosse nelle condizioni di agire con tempestività, in assenza di una Legge che stabilisca sanzioni più pesanti e possibilità di controlli effettivi in un ottica di recupero e prevenzione efficaci.

D'accordo, lo sappiamo, ci sono casi in cui i Giudici si mostrano "distratti". Ma è questo il caso. Ciò avviene quando vi sono Giudici che rinunciano alla propria autonomia e indipendenza per assecondare il Potere, le sue collusioni, o non vogliano, per servilismo, collusione o paura rompere quegli equilibri e patti indicibili che purtroppo piegano la nostra società, al sud come al nord. Casi come Catanzaro, ma anche casi più vicini a noi, sino a Procure che sino a che hanno potuto (e se possono ancora ora) hanno coperto l'infiltrazione della 'ndrangheta nella Sanità, così come a Vibo Valentia o a Locri e nella altre aziende sanitarie calabresi. Casi come quelli, ancora, della cosiddetta "malasanità" che invece nascondono inefficienze e incapacità di personale paramedico, di medici, quando non di interi reparti, ed i cui fascicoli sono lasciati ad impolverarsi negli uffici delle Procure perchè i medici sono ben protetti da omertosi silenzi e complicità pesanti.

Su Delfino i giudici hanno fatto il loro dovere ed hanno applicato la Legge. A Sanremo come a Genova. Non hanno tralasciato nulla. Hanno applicato la Legge, perchè questo, da magistrati, devono fare. Il problema è quindi la Legge e la malattia sociale dell'indifferenza che ha permesso di non poter prevenire il peggio. Siamo il Paese in cui chi la fa franca è considerato un "furbo" e dove in pochi hanno il coraggio della denuncia e della testimonianza. Siamo il popolo in cui se per permettere di colpire dei criminali devi auto-denunciarti o pagare qualche prezzo, praticamente tutti ci si gira dall'altra parte. Siamo una Comunità dove sappiamo benissimo chi sono i criminali ma tutti si tace, li si saluta con reverenza, sino a quando non vi è una condanna scritta da qualche Tribunale. Siamo una società dove addirittura se se il criminale è un potente (sia esso un politico, un mafioso o faccendiere della finanza) addirittura si ignorano prove e sentenze, come se nulla fosse.

Comprendiamo quindi il dolore e la rabbia dei genitori di Maria Antonietta Multari. Come comprendiamo il dolore e la rabbia dei genitori di Luciana Biggi. Ma la "rabbia" è un atto di amore, non di vendetta... è la volontà che quanto accaduto, che i drammi consumati, non si ripetano. Ci troveranno al loro fianco per questo.

Non comprendiamo quanti, davanti a fatti tragici che hanno colpito o strappato affetti, invocano il "perdono", ma non possiamo nemmeno esimerci dal chiedere di rispettare il lavoro dei magistrati che, in questo caso, non hanno fatto altro che applicare la Legge, perchè a questo sono chiamati e non ad altro. Il problema è che manca quella Legge che avrebbe permesso di fermare prima dei delitti un soggetto come Delfino, e, insieme alla Legge, manca una comunità di persone capaci di capire e isolare per prevenire che tali soggetti possano delinquere indisturbati. Se vi fosse stata, infatti, anche la norma, ma fosse mancata la collaborazione dei cittadini, nessun giudice avrebbe avuto probabilmente elementi certi per adottare provvedimenti preventivi di tutela.

Poniamoci quindi insieme, questo è l'invito, l'obiettivo di diffondere tra le persone della nostra comunità una coscienza responsabile di pensare che ognuno deve fare la sua parte, e tutti pretendere che vi siano Leggi efficaci e non proclami inutili scritti in tutta fretta sull'onda dei fatti che scuotono l'opinione pubblica, e che Giudici siano messi nelle condizioni di agire in tempi rapidi e che vi sia davvero un sistema di recupero, indispensabile per una "riconciliazione" sociale e cioè all'impedire la reiterazione dei delitti.

La "vendetta" non è Giustizia e nessuna strumentalizzazione mediatica del dolore deve essere permessa. Si tradirebbe il dovere della Memoria e della Giustizia, che invece vanno perseguiti secondo il Diritto, proprio per far sì che non ci siano altre vittime ed altro dolore.

 

 

 

Tags: lettera aperta, caso, delfino

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