Lamezia, se vuoi puoi scacciarli tutti, uno ad uno, basta volerlo!
Si è a Lamezia Terme.... la città dove è praticamente impossibile che i responsabili di estorsioni e omicidi vengano individuati, ma dove vi sono decine e decine di banche e finanziarie, concentrate nel centro e poi un po' ovunque. Ma chi, in questa cittadina di 70mila abitanti, dove la disoccupazione regna sovrana, può investire così tanto?
La risposta è semplice: le cosche della 'ndrangheta, la più grande holding "criminale" del Paese... Al cui color rosso sangue ed odor di morte che impregna le banconote mafiose i direttori degli istituti di credito, così come i funzionari, non fanno molta attenzione, anzi non ne fanno proprio, modificando un noto detto: è più facile che un cammello entri nella cruna di un ago che una banca denunci mafiosi e faccendieri...
E con le banche, Lamezia è un prato fiorito... fiorito di centri commerciali, perché si sa: il color cemento e l'anima del commercio sono di casa dove bisogna far girare i soldi. Da quello della nota Carrefour dei PERRI su cui non ci si può non soffermare un attimo. Il proprietario Antonio Perri, in un altro centro commerciale di proprietà, l'Atlantico, fu vittima di un agguato mafioso: i killer entrarono a volto scoperto ed aprirono il fuoco. Nessuno dei presenti vide e riconobbe i killer. Ma non basta. La salma della vittima venne pure trafugata con buona pace per la buonanima. Un sequestro del morto per chiederne il riscatto... a Lamezia succede anche questo. Ma che vi era dietro a quell'omicidio? Ma chi sequestrò il cadavere? Quello che si sa è che i PERRI, padre e figli, impegnati nella grande distribuzione nel lametino, cercarono un contatto con i BENINCASA, scagnozzi legati alla cosca TORCASIO, per risolvere le richieste estorsive... e già qui è delirio: un imprenditore riceve richieste estorsive e non va dallo Stato, non denuncia chi gli chiede il pizzo, bensì va dalla cosca! Un altro tassello di questa storia è che, secondo la Procura, sono proprio i BENINCASA che avrebbero richiesto il riscatto per restituire il cadavere del giustiziato.
Ma torniamo agli altri super market. Chi ti troviamo la Despar, con la loro catena di supermercati che tra Cosa Nostra e 'Ndrangheta si potrebbe siglare con "Despar o.s.", dove o.s. sta, naturalmente per Onorata Società. Poi c'è la "Piazza" ed "Agorà", più di una Standa... sono Iper-Standa, del SCARDAMAGLIA che vox populi indica legato ai GIAMPA', e che da una macelleria sono passati al grande business ed al villone.
E su questo prato fiorito e ridente (per le 'ndrine) che contraddistingue il territorio di Lamezia domina dall'alto la Cava di San Sidero di MAZZEI che era stata anche sequestrata ma che è sempre rimasta in buon uso dei lor "signori" (sembra di essere a Toirano, nel savonese, dove operava ed opera il Carmelo Gullace - della cosca Raso-Gullace-Albanese - con i Fazzari). Nulla, ad oggi è valsa nemmeno la condanna a risarcire il Comune di Lamezia, cioè la comunità tutta, con 25 milioni di euro! E chi sono sti MAZZEI? Vediamo. Intanto: Salvatore MAZZEI con la signora consorte Drusiana CAPUTO hanno visto una condanna, rispettivamente a 3 anni e mezzo di reclusione lui e 2 anni e 5 messi lei, insieme ai tecnici Domenico Ferrante e Luigi Buono (entrambi a 2 anni e 3 mesi), per le accuse mosse dalla Procura in ordine a ben nove reati che passano dall'abusivismo edilizio alla violazione di sigilli, sino al disastro doloso, tutto per la costruzione del "Beauty Farm" alias Centro Benessere di Gizzeria, proprio accanto alla Salerno-Reggio Calabria.
In attesa che il Centro Benessere venga demolito, il MAZZEI è in attesa di giudizio anche per altri procedimenti per la sua attività nelle costruzioni, per molteplici reati edilizi ed ambientali, oltre che per gli appalti relativi all'allargamento dell'autostrada nel tratto del vibonese. Ma sul MAZZEI c'è anche altro: lo stesso era socio in un Bingo con l'avvocato Torquato CIRIACO, ucciso crivellato di colpi da mano mafiosa: crivellato di colpi e poi colpo di grazia alla nuca. Soluzione del mistero? Attendere prego è la risposta costante in questa terra.... Quel che è certo, invece, è che l'imprenditore edile MAZZEI, titolare della Cava, ex socio del morto ammazzato del Bingo e presidente del Sambiase Calcio, è stato arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa. Per gli inquirenti il MAZZEI avrebbe partecipato attivamente ad un grande giro di "pizzo" gestito dal clan MANCUSO di Limbadi a danno delle imprese impegnate nei lavori dell'allargamento dell'autostrada tra Lamezia e Sant'Onofrio.
Ma quando tutto è possibile che succede a Lamezia? Che il Salvatore MAZZEI si reca in Piazza Immacolata a Catanzaro, sede della Prefettura, per chiedere allo Stato i benefici per qualche milione di euro dichiarando di essere vittima del racket estorsivo. Per difendersi dall'accusa di concorso esterno con la mafia, che si fa? Guardando a questa storia verrebbe una semplice risposta: si denuncia di essere vittime del racket, genericamente detto e non meglio precisato... anche perché dove sono le denunce degli attentati subiti? Dove sono le denunce alle autorità per le richieste estorsive? Dove sono i nomi degli estortori? Ed i volti indicati ai reparti investigativi? Mah.
Intanto, per garantire la progressione del Sambiase Calcio, viste le problematiche del MAZZEI, alla Direzione Generale della squadra tiene fermo il timone uno dei giovani della nota e potentissima famiglia 'ndranghetista degli IANNAZZO che alla presentazione della stagione 2008-2009 promise solenne una decisa lotta per garantire la vittoria del campionato. La vittoria è arrivata... con la promozione... quindi la lotta promessa dal IANNAZZO c'è sicuramente stata... volata liscia come una corsa sull'asfalto (scadente) dell'Autostrada Salerno-Reggio Calabria. Si l'asfalto scadente per i lavori controllati dalla 'ndrangheta, e più precisamente dalla cosca dei MANCUSO attraverso il fidato lavoro del Salvatore MAZZEI che nelle motivazioni dell'arresto è evidenziato come "il rappresentante della ‘ndrangheta nell'infiltrazione nei lavori di ammodernamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria". Ma gli inquirenti sono ancora più precisi in merito alla figura del MAZZEI. Questi viene chiaramente indicato come legato alla cosca IANNAZZO, e, sempre secondo gli inquirenti il presentatosi come vittima della mafia ma in realtà sodale degli 'ndranghetisti, cioè il MAZZEI, come riportano anche le cronache "ha guadagnato cifre iperboliche imponendo alle imprese appaltatrici dei lavori la fornitura di materiale inerte e calcestruzzo. Non solo: grazie al ruolo di mediazione che avrebbe svolto tra le imprese e le cosche, MAZZEI avrebbe imposto i subappalti ad altre ditte controllate dalla 'ndrangheta ottenendo cosi' due risultati: la "tranquillità ambientale" dei cantieri, che nessuno disturbava visto che gli interessi di tutti erano soddisfatti, e la ripartizione dei proventi delle estorsioni. Le somme che le imprese erano costrette a pagare venivano ricavate dalla sovrafatturazione dei lavori. Il pizzo, secondo quanto è emerso dalle intercettazioni, veniva definito degli imprenditori la "tassa governativa" per spiegare l'obbligatorietà del suo versamento. Il sistema prevedeva, per forza di cose, l'esclusione dai lavori delle imprese non facenti parte del contesto mafioso. Con la conseguenza che gli imprenditori non collusi con le cosche che tentavano di inserirsi nel sistema delle forniture, venivano convinti a desistere con intimidazioni e minacce. Uno dei metodi per lucrare sui lavori da parte di MAZZEI consisteva nella scarsa qualità del calcestruzzo che veniva fornito alle imprese, con conseguenze pregiudizio per la sicurezza delle opere realizzate. Qualità che diventava, guarda caso, ottima, e corrispondente al capitolato d'appalto, in coincidenza con i controlli eseguiti dall'Anas."
Qui poi a Lamezia ci sono terreni e beni vari confiscati disseminati su tutto il territorio... Più precisamente 144 beni immobili, seconda città della regione solo dopo Reggio Calabria con i suoi 168. Alcune aree vedono inizi di costruzioni, con quegli scheletri di cemento armato, come quelli in località Capizzaglie. Tra queste quelli dei TORCASIO a cui sono collegati i BENINCASA, di cui abbiamo accennato in merito alla vicenda del omicidio PERRI, e che sono operatori nel mercato ittico. Gino BENINCASA, è legato da vincoli di amicizia con il pluripregiudicato ed ex sorvegliato speciale Giovanni TORCASIO. Ed il nome dei BENINCASA è una costante negli scioglimenti del Consiglio Comunale di Lamezia per infiltrazioni mafiose. La prima volta era lui il Gino ad essere stato eletto consigliere e nominato assessore nel 1991, nelle file del PSI, ed il suo nome entrò nella Relazione del Ministero degli Interni che portò allo scioglimento. La seconda volta nel 2003, quando nel nuovo rapporto alla base del nuovo scioglimento compariva il nome del fratello, Mario BENINCASA, eletto consigliere nella lista del Nuovo Psi, "coinvolto in inchieste antimafia". Di li in avanti il Gino BENINCASA divenne un sorvegliato speciale per poi finire morto ammazzato in un agguato di stampo mafioso il 30 aprile 2008 con 15 colpi sparati dai sicari.
Poi a Lamezia vi sono problemucci legati ai rifiuti... ed anche qui il mare come la terra si adatta come "deposito" di rifiuti speciali e pericolosi, così chi fa il bagno poi si becca, quasi sempre, qualche conseguenza sulla propria salute, più o meno grave a seconda dei giorni e delle correnti. D'altronde il mare di Calabria è lungo, come abbiamo già ricordato, quella della rotta dei veleni. Un dei collaboratori di giustizia ha indicato chiaramente che il mare è un grande contenitore dove decine e decine di navi sono state affondate ripiene di rifiuti speciali, tossico-nocivi. Mica si poteva lasciare l'esperienza "sperimentata" con la Jolli Rosso dei Messina, con la lunga mano del Jack Rock Mazreku, come un'esperienza isolata... visto che ancora oggi compaiono qua e là fusti tossici che sputano sostanze gialle nelle acque marine o sulle spiagge dove le onde li spingono. Ed i rifiuti si nascondo poi nelle cave, così come anche in fondamenta di costruzioni... o si bruciano come i copertoni delle gomme, magari "appaltando" il lavoro sporco alle comunità rom... o ancora, chissà, in qualche inceneritore che tanto di controlli non ne vede praticamente mai. Ma questo è un capitolo su cui torneremo con un articolo apposito per approfondire questo concetto di "raccolta differenziata criminale" che sembra caratterizzare Lamezia, ma anche il resto del territorio calabrese (e non solo!).
Questa è solo una piccola, breve panoramica da questo territorio, tanto per far comprendere che tra morti ammazzati, cadaveri nascosti o bruciati, inquinamento dilagante quanto le conseguenti patologie (più o meno gravi) negli abitanti, fanno da degna cornice ad una sanità che non è malata di suo ma è piegata da clientele che non garantiscono la qualità professionale, come dalla corruzione che piega e deprime le scelte su forniture e incarichi, così come anche dalle infiltrazioni mafiose che nel business sanitario (come abbiamo già visto nei casi di Vibo Valentia e Locri) trovano il nuovo grande cuore pulsante della 'ndrangheta dal colletto (o camice) bianco. Vedremo ancora, a breve, la questione dei depuratori che non vanno, così come dell'assenza di indagini epidemiologiche per comprendere e quindi perseguire le responsabilità.
Qualcuno per fortuna anche qui inizia a parlare. E se le richieste estorsive continuano ad essere l'attività con cui le 'ndrine impongono il controllo sul territorio, facendo, anche grazie al silenzio dei media nazionali e quindi dell'opinione pubblica, nuova strage del libero mercato e del diritto ad un onesto e dignitoso lavoro, qualcuno inizia ad indicare nelle aule di tribunale i propri estorsori. Non resta che sostenere chi denuncia e e chi indica i criminali con la propria testimonianza nelle aule dei tribunali... e far sì che continuino e si organizzino per rigettare ogni richiesta estorsiva. Ma anche qui, sapendo che la denuncia dei commercianti contro il racket è la più pesante risposta sociale, insieme alla confisca dei patrimoni, che le mafie possano ricevere, ci domandiamo quanto ci vorrà prima che la Confindustria calabrese segua l'esempio, concretamente, di quella siciliana, decidendo sia di espellere chi paga il pizzo e non denuncia, sia di costituirsi parte civile nei processi, in tutti i processi, dove vi sono commercianti ed imprenditori vittime delle intimidazioni e delle aggressioni mafiose? Noi speriamo che sia già il tempo di questa scelta.
Ma, comunque, adesso tutto si risolverà perché qualcuno ha pensato con la videosorveglianza (sic!) si debellerà la mafia... Pensate un poi voi se questa venisse mai appaltata magari ad una ditta della potente famiglia IANNAZZO (che tanto per aver certificati antimafia non ci mette mica tanto) e che così magari avrebbe direttamente in mano anche i codici per disattivarle... che contrasto straordinario sarebbe!
Qui a Lemezia, comunque, le famigliole locali, tra cui IANNAZZO, GIAMPA', TORCASIO-CERRA-GUALTIERI, devono accontentarsi di restare quaraquaqua, visto che su di loro incombono gli interessi delle 'ndrine vibonesi, tra cui i MANCUSO - LA ROSA... e dovrebbero sapere che non c'è scampo, come non c'è per i MANCUSO-LA ROSA, come non c'è stato per altre 'ndrine calabresi, a partire dai potenti PIROMALLI. Sono in tempo per arrendersi e costituirsi... sono in tempo per cambiare strada, soprattutto le giovani generazioni di quelle famiglie... Possono e devono scegliere la via della collaborazione con la Giustizia... tanto prima o poi in carcere ci finiscono ed i beni del loro patrimonio vengono confiscati.
Lo Stato c'è, i cittadini pure... e la dignità e la libertà sono la forza che è in ogni cittadino e può bastonare e distruggere la prepotenza mafiosa. Oggi, ogni cittadino ha davanti a se nuovi strumenti per sottrarsi alle richieste dei mafiosi, può farlo con le associazioni antiracket, può farlo con segnalazioni a noi, attraverso gli Osservatori, che - come abbiamo dimostrato in ormai molteplici circostanze- saranno seguite, senza mai rivelarne la fonte, passandole ai reparti investigativi seri, decisi e preparati che ci sono... Può farlo ciascuno nel proprio quotidiano, rifiutando il saluto ai boss mafiosi ed ai loro scagnozzi... con un consumo critico che ci fa andare ad acquistare o a bere e mangiare da chi non paga il pizzo e anzi lo denuncia (e che magari ha anche subito per questo intimidazioni e minacce) e rifiutando, quindi, di sostenere l'economia delle famiglie mafiose. Lo si può fare con assoluta semplicità, senza essere soli, bensì facendosi parte di quella rete di normale rigetto sociale verso la mafia che può rappresentare la chiave di volta per rilanciare l'economia, lo sviluppo, il lavoro, l'ambiente e la bellezza del paesaggio di una terra che per troppo tempo è stata considerata ad esclusivo uso ed abuso di quei parassiti devastanti che sono i mafiosi. Provate a guardarli in faccia i signori delle 'ndrine, guardateli negli occhi, e vedrete che non sono proprio nessuno... che non sono altro che una prepotenza ed un forza che si estingue nel momento stesso in cui viene meno la loro capacità di condizionare con la loro presenza, con il loro atteggiamento, la vita e le scelte di ciascuno di noi cittadini... Li si può denunciare e li si può vedere condannati!
Lamezia, se vuoi puoi scacciarli tutti, uno ad uno, basta volerlo!
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