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Palermo, quando una Procura si dà alla filosofia e costruisce “teoremi”

Sentire un Procuratore aggiunto, come Vittorio Teresi, che, dalla Procura di Palermo, si fa promotore di un “appello” pubblico ai boss mafiosi perché questi abbandonino i politici visto che questi ultimi rimangono liberi mentre loro - i mafiosi - sono detenuti, se crede davvero in ciò che afferma con questo "appello", a nostro avviso, non ha ancora ben compreso che cosa sia la MAFIA.

Per le organizzazioni mafiose il legame con il POTERE (politico, istituzionale ed economico-finanziario) è presupposto essenziale, caratterizzante la stessa natura di "organizzazione mafiosa". Le mafie hanno necessità di preservare e rafforzare tali rapporti, storicamente "esterni" e, con il tempo, divenuti sempre più "interni" alla stessa organizzazione - soprattutto per la 'Ndrangheta - in quanto più che affidarsi ad un "patto" con politici si sono fatti essi stessi, i mafiosi, politici e uomini delle Istituzioni...

Un Pm competente ed attento dell'Antimafia dovrebbe ben sapere, allo stesso tempo, che la detenzione, anche quando si parla di 41 bis, non significa affatto che i mafiosi, e soprattutto i boss, detenuti siano "tagliati fuori" dall'organizzazione. Questi continuano, infatti, ad avere un contatto con l'esterno e, comunque, a tutelare gli interessi del sodalizio mafioso. Non solo. Questi, che sanno da sempre che probabilmente prima o poi sarebbero finiti agli arresti (e persino al 41 bis), sono consapevoli che l'organizzazione mafiosa, la struttura stessa di questa, con quei legami con pezzi del POTERE, proseguirà nelle proprie attività e nei propri interessi, indipendentemente dagli arresti. Se non fosse così, se cioè gli arresti dei mafiosi fossero sufficienti per sconfiggere e fermare le mafie, le organizzazioni mafiose sarebbero già state debellate da lungo tempo... Chi si occupa di mafia, chi conosce la mafia, questo “dettaglio” dovrebbe tenerlo ben presente, perché altrimenti mente a se stesso, oltre che agli altri.

Quindi fare un "appello" così, come quello promosso da Teresi, a parte qualche risalto mediatico, non può produrre alcun risultato concreto nella lotta alla mafia ed ai legami di questa con pezzi del Potere. Anzi... secondo noi, un “appello” di questo tipo può solo fornire una visione, o quantomeno una percezione, distorta della realtà, in cui i mafiosi vengono quasi dipinti come una sorta di “vittime” dei politici e di loro tradimenti. Una visione, quindi, che assume un carattere perfettamente funzionale a quella logica perseguita dai mafiosi stessi, secondo cui loro, gli uomini d'onore, sono gli unici soggetti affidabili a cui rivolgersi ed a cui piegarsi, rispetto a politici ed Istituzioni inaffidabili.

Detto questo, però, dobbiamo dire che non ci stupisce minimamente questa uscita del Procuratore aggiunto di Palermo. Non ci stupisce perché non è altro che un ennesimo tassello di quella “filosofia” di azione di quella parte di Procura di Palermo che ha avuto, negli ultimi anni, il suo maggior esponente in Antonio Ingroia. Una “filosofia”, slegata dai fatti, politica e per nulla giudiziaria e che, in altre parole, anziché puntare alla ricerca della verità ed al contrasto a Cosa Nostra (ed ai “patti” di Cosa Nostra con pezzi del Potere, attuali e persistenti) ha puntato alla costruzione di un “teorema”. Quel “teorema” chiamato “TRATTATIVA”.

Chi sa cosa sia la mafia - sia che si tratti di Cosa Nostra, 'Ndrangheta o Camorre – è pienamente consapevole che la sua forza poggia, oltre che sul vincolo omertoso e la capacità di intimidazione, sulla capacità di tessere relazioni sociali utili a stringere “patti” con politici e pubblici amministratori (siano essi politici o funzionari), con professionisti (da notai a commercialisti, da architetti ad avvocati...), con imprese e pezzi del potere finanziario... così come con uomini (e donne) che all'interno delle Istituzioni, come altri, si vendono o si pongono sotto ricatto.

La storia della mafia, degli affari delle mafie, è, al sud come al nord, una costante “trattativa” per stringere quei “patti”. A volte anche patti con anche uomini delle Istituzioni – come certi servi infedeli nelle forze dell'ordine o magistrati -. Le “trattative” per stringere i “patti” di reciproco sostegno e vantaggio ci sono state, ci sono e ci saranno finché ci saranno le mafie e soggetti politici, istituzionali ed economici pronti a stringere un “patto” con queste.

La “filosofia” di certi magistrati palermitani, a partire dall'ormai (e finalmente) ex magistrato Antonio Ingroia, proprio alla luce di questo, è perversa e senza senso, nel persistere sul “teorema” della cosiddetta “TRATTATIVA STATO-MAFIA”.

Ora, visto che non se ne può proprio più della distorsione prodotta e perpetuata, anche alla luce di Sentenze che smontano radicalmente tale teorema, abbiamo deciso di documentare – attraverso Atti – l'assurdità di tutto questo.

Non è infatti possibile assistere ad una mistificazione continua dei fatti fondata su un bugiardo patentato come CIANCIMINO Massimo, il cui unico interesse era stato (ed è) riciclare il denaro sporco del padre mafioso, ma anche - visto l'andazzo assunto da questa pagina triste dell'Antimafia – per perseguire una sorta di revisionismo storico-giudiziario volto alla riabilitazione di quella Democrazia Cristiana che in Sicilia era, a tutti gli effetti, il braccio politico, con la corrente andreottiana dei Lima e Ciancimino, di Cosa Nostra.

In questo Paese la ricerca della verità non pare interessare. Ed è grave che questo atteggiamento diventi l'asse portante di una Procura. Ed è grave che un variegato mondo, tra giornalisti e gruppi della cosiddetta antimafia assumano quella stessa “filosofia”, del tutto astratta e fondata su falsi assunti come “verità”, slegata dai fatti e da qualsivoglia riscontro. L'ottusità di questa “filosofia” non gli permette nemmeno di rendendosi conto che alla fine divengono parte integrante di quell'azione volta alla destabilizzazione istituzionale che rappresenta terreno fertile proprio per le mafie ed il poteri criminali.

Se abbiamo già parlato della vergognosa campagna di certi pm (Ingroia in primis), con sponda in alcuni giornalisti (Travaglio in primis) e taluni movimenti cosiddetti “antimafia”, relativa, ad esempio, alle “intercettazioni di Napolitano” (vedi qui e qui), ora andiamo avanti. Lo facciamo perché crediamo che impegnarsi per la Legalità e la lotta alle mafie (e quindi al contrasto dei “patti” che queste stringono) significhi prima di tutto onestà intellettuale, che, alla fine significa guardare ai fatti ed ai riscontri, restando fermamente ancorati ad essi, senza mai cedere a “strabismi” o teoremi.

Buona lettura...

 

1° parte
“SISTEMI CRIMINALI”
L'indagine della DIA archiviata dalla Procura di Palermo

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