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"Il regno di Claudio Scajola"

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Padrone di casa a Imperia


«Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare». Loro lo sapevano benissimo. Tanto che nel 2003 Caltagirone, Scajola, Fiorani e l'assessore Luca Lanteri sorvolarono in elicottero Imperia per vedere meglio, dall'alto, le aree interessate dai progetti. Caltagirone voleva costruire, Fiorani aveva in ballo un business da cento milioni con i suoi prestanome, Lanteri rifletteva sulle licenze urbanistiche e Scajola... be' Scajola in teoria non aveva interessi ufficiali nelle diverse operazioni, quindi faceva il turista. Ma qui il padrone di casa è lui. Questa è la sua provincia, nel senso che si tratta di un territorio e di una popolazione che in lui vedono da oltre quindici anni, prima con la Democrazia cristiana e poi con Forza Italia, il loro naturale rappresentante. L'ex sindaco di Imperia diventato deputato nel partito di Berlusconi nel 1996 è un astro in continua ascesa: tre volte ministro tra il 2001 e il 2005, nel maggio 2008 è stato nominato ministro dello Sviluppo economico del quarto governo Berlusconi. Imperia è sempre stata divisa in due. A Porto Maurizio i centri amministrativi, i locali, il porto turistico, le spiagge. A Oneglia il porto commerciale, le storiche aziende dell'olio e della pasta. Ma questo è il passato. La svolta arriva nel 2006 quando, alla presenza di Claudio Scajola e del presidente della Regione Claudio Burlando, partono i lavori di realizzazione di quello che deve diventare il più grande porto turistico del Mediterraneo: 1440 posti barca, 112 appartamenti (ma una variante dell'aprile 2008 li vuol far diventare 117), negozi, attività artigianali. Chi era contrario e sosteneva che era un'operazione che snaturava le caratteristiche del golfo viene messo all'indice. Realizzano l'intervento la società Porto di Imperia con il Comune, l'Acquamare di Francesco Bellavista Caltagirone, costruttore romano cugino dell'editore Francesco Gaetano, e la Imperia Sviluppo. In quest'ultima società chi troviamo? In prima fila Beatrice Cozzi Parodi (di cui ci occuperemo nelle prossime pagine), e a seguire alcuni imprenditori locali come Riccardo Guatelli, Emilio Mancinelli e soprattutto Pietro Isnardi, consuocero di Alessandro Scajola. Che è il fratello di Claudio e che a sua volta è stato sindaco di Imperia e due volte deputato (un vizio di famiglia). I due consuoceri, tra l'altro, siedono entrambi nel consiglio di amministrazione del gruppo bancario Carige. Roba di famiglia, insomma. Ma torniamo al porto di Imperia. Anzi di Oneglia. Sulle banchine commerciali una decina di portuali dell'antica Compagnia Maresca tenta di difendere le attività commerciali. Un'impresa disperata. Nella costituita società Porto di Oneglia Spa troviamo infatti gli stessi soggetti che stanno realizzando il porto turistico di Porto Maurizio. Oltre a Bellavista Caltagirone ci sono Beatrice Cozzi Parodi, che con Caltagirone sta costruendo anche il nuovo porto di Civitavecchia, e Pietro Isnardi. Che per festeggiare il matrimonio della figlia con il rampollo Scajola, assieme all'amico Guatelli, presidente dello Yacht Club, anche lui nelle Spa di Oneglia e Porto di Imperia, si è appena comprato, per quasi quattro milioni, un altro oleificio fallito, l'ex Borrelli di Pontedassio. Per farci cosa non si sa, ma visto che Guatelli è un immobiliarista, ogni pensiero è legittimo. Nell'arco di pochi mesi nell'orbita dei «signori» di Imperia sono finite anche le ultime aziende ancora indipendenti che potevano rappresentare un ostacolo: Docsa, Deposito Franco, Salso, Sairo.



L'ultima, la Sairo, ha conosciuto il 5 aprile del 2008 il suo destino. Come «auspicava» da anni Claudio Scajola, diventerà l'«Incubatore d'imprese» della provincia di Imperia, l'unica della Liguria, fino a oggi, a esser rimasta priva di questo straordinario volano per l'economia locale. La Sairo, che nel 1912 fu la prima raffineria industriale d'olio italiana, verrà concessa per vent'anni dal Comune all'ex Sviluppo Italia oggi diventata l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa Spa. L'Agenzia dovrà bonificare, ristrutturare e creare gli spazi utili ad accogliere nuovi imprenditori votati in particolare all'alta tecnologia. Già che ci siamo, però, il settore demolito risorgerà con una volumetria maggiore e, in attesa della new technology, arriveranno i sempre affidabili alloggi, negozi, e poi i 253 box privati e i 113 posti auto pubblici. Per la Docsa e il Deposito Franco, invece, il consigliere regionale Franco Bonello, ex Ds passato all'Unione a sinistra, ha polemicamente chiesto al sindaco Luigi Sappa di «ritirare le concessioni demaniali visto che non le utilizzano per sviluppare un'attività commerciale e quindi non producono ricchezza e occupazione». Ma Bonello immagina quale possa essere l'obiettivo. D'altronde lo ha pubblicamente dichiarato Scajola quando, il 9 luglio del 2007, le stesse obiezioni di Bonello le sollevò Claudio Porchia, segretario della Cgil imperiese, un altro don Chisciotte del posto, uno che non si inchina ai doveri di partito e definisce «il mitico assessore all'Urbanistica della Regione Carlo Ruggeri il cementificatore più in forma della giunta Burlando». Bene, Porchia, che parlava di «un porto completamente privatizzato, che diventerà il garage di Montecarlo», era riuscito a fare arrabbiare u ministru, come lo chiamano i suoi concittadini. «Caro signor Porchia - replicò Scajola - non sei il sindaco di Imperia, sei il capo di un gruppo parassitario che non conta un tubo e non prende un voto.» Porchia andò dall'avvocato della Cgil e chiese un risarcimento danni di un milione di euro. Ma, intanto, Scajola aveva aperto ufficialmente la campagna per la cancellazione del porto commerciale, da sostituire con posti barca, case, e via dicendo.

Una linea cui è difficile dire di no. Si racconta che Carlo Ghilardi, che opera da decenni nel settore rifiuti ed è finito indagato nel maxiprocesso per tangenti di Arma di Taggia con l'accusa di false fatturazioni, avesse rilevato il capannone della Docsa e avesse già stipulato un accordo di massima con la Ferrero, interessata a Imperia e alla Docsa sia per poter contare su un porto di fiducia per il traffico di nocciole, sia per realizzare nella struttura una sorta di museo dolciario. Ma il progetto sfumò, forse perché poi la Ferrero cambiò idea, o forse per qualche altra ragione. Fatto sta che arrivarono gli immobiliaristi della Porto Oneglia SpA, i quali, dal dicembre 2007, contano anche su un altro socio, Angelo Colussi, proprietario della Agnesi, che a Imperia pare abbia trovato anche un'altra vocazione. Quale? Andate nell'area delle ex Ferriere dove Colussi sta realizzando un progettino modesto fin dal nome: La Porta del Mare. Ottantamila metri cubi di case, multisale cinematografiche, gallerie commerciali, uffici, albergo, parcheggi. Ah, c'è anche l'area verde, e non poteva mancare la «Galleria della dieta mediterranea».

Scoppiano gli scandali
Comunque sia, mentre a Imperia un gruppo di oligarchi si accaparra la città con la benedizione di Claudio Scajola, nel resto della provincia gli speculatori non restano inattivi. Due vicende sconfortanti (ma se ne potrebbero scegliere molte altre) raccontano bene lo spirito dei luoghi. La prima riguarda circa duecento residenti di Ventimiglia, assessori e consiglieri comunali di Forza Italia e Alleanza nazionale, dirigenti amministrativi, geometri e architetti, e poi il grosso rappresentato da una sfilza di cittadini e piccoli imprenditori bugiardi. Perlomeno così li giudica il pm Marco Zocco, che li ha messi sotto inchiesta per i rimborsi ottenuti dalla Regione dichiarando danni inesistenti o gonfiati relativi all'alluvione che nel 2000 si abbatté sulla zona. Ci sono già state le prime condanne, alcune pesantissime, decine di rinvii a giudizio, mentre le deposizioni in aula dei periti denunciano situazioni umilianti per una comunità. Decine e centinaia di milioni di vecchie lire ottenuti inventandosi muri a secco franati, serre crollate, strade sventrate, garage allagati, case danneggiate. Balle asseverate, secondo la Procura, grazie a politici desiderosi di rafforzare i vincoli di amicizia che da queste parti contano assai più dei programmi e degli impegni elettorali. A confermare che territorio e paesaggio nell'Imperiese sono spesso vacca da mungere più che campo da coltivare c'è poi l'inchiesta della Procura di Imperia sugli agriturismi del comprensorio (Diano e la bellissima Cervo).

I finanzieri del capitano Marco Sandri hanno visitato 18 aziende riscontrando violazioni in 14. Ma soprattutto hanno denunciato titolari e con loro funzionari comunali, periti architetti, per truffa all'Unione europea, visto che da soli hanno ottenuto un milione e mezzo di contributi. Che dovrebbero servire ad aiutare i veri contadini ad affiancare alla loro attività quella turistica. E invece sono serviti a trasformare legnaie di 12 metri quadrati in villette da 120 con vista mare, o a realizzare piscine invece del maneggio. E gli uffici tecnici e i geometri che avrebbero dovuto controllare? Mica se ne sono stati con le mani in mano. Ecco cosa scrivono i finanzieri nel loro rapporto alla Procura: «La redazione progettuale utile per l'ottenimento di fondi erogati dalla Cee è stata eseguita da professionisti che svolgevano o ricoprivano cariche pubbliche nei Comuni ove si trovavano ubicati gli immobili per cui erano stati richiesti i fondi (chiaro caso di conflitto di interessi)». Mentre nell'Imperiese scoppiano questi scandali, a Genova il centrosinistra sembra avere altri pensieri. A parte qualche uscita del suo luogotenente all'Urbanistica Carlo Ruggeri, Burlando non pare intenzionato a dichiarare guerra alla destra. Piuttosto, in quel luogo di mediazione politica che è il consiglio di amministrazione della Fondazione Carige, cosa fa il governatore eletto da cittadini del centrosinistra che si presumono in larga parte laici? Cede il posto che spetta alla Regione nel cda della Fondazione al vescovo di Genova, nonché presidente Cei, Angelo Bagnasco. Che ci mette un paio di minuti ad accettare e pochi altri a nominare monsignor Giorgio Noli, uno dei prelati che contano nella curia genovese. Alla sorprendente iniziativa di Burlando plaude Claudio Scajola, che di Carige se ne intende visto che nel cda della banca ha suo fratello Alessandro e l'immancabile consuocero di lui, Pietro Isnardi, più altri amici come Marco Simeon, Riccardo Guatelli, e l'ex sindaco di Sanremo Giovenale Bottini.

Quant'è piccola la Liguria: sempre le solite facce, gli stessi nomi. Incredibile come la sinistra genovese e ligure non abbia mai voluto affondare il coltello nella piaga imperiese. Quasi un patto non scritto di non belligeranza. E sì che le occasioni non mancherebbero. Ma la questione morale non si pone. O forse a volte può diventare fonte di imbarazzi politici. Come non rimanere leggermente sorpresi di fronte all'alleanza tra Coopliguria, la sua controllata Talea (coinvolta nella scalata Bnl di Fiorani) e l'Acqua Marcia dei Bellavista Caltagirone, quelli del porto di Imperia, che condividono l'avventura di Tecnocittà. Ovvero una Spa presieduta dall'avvocato Alessandro Ghibellini - già legale Cgil - che si occupa di gestione immobiliare e finanziaria e ha in ballo un progetto per un'ex area industriale a Genova Multedo.

Corruzione a Shopville?
Prendiamo la vicenda Shopville, un altro di quei «non luoghi» che in Italia spuntano improvvisi in contesti paesaggistici che non gli appartengono, un po' come i funghi velenosi di Marcovaldo. Accade un giorno che ad Arma di Taggia (ma potrebbe essere ovunque), in uno di quei tratti ibridi fatti di strade e di orti che interrompono brevemente la monotonia urbana, in uno squarcio di terra libera nell'ipercostruita Taggia, i manager di Leclerc e di Nordiconad decidono di costruire un grosso centro commerciale con galleria di negozi, parcheggi a volontà e pure un albergo di lusso con decine di camere. Purtroppo per loro però i piani commerciali della Regione e le leggi in materia urbanistica sono di impaccio. Per questa ragione, secondo il pm di Sanremo Marco Zocco, sono state commesse gravi violazioni. Ma se si esclude la Cgil, che sull'operazione Shopville sollevò forti perplessità fin dall'inizio, parlando anche di voti in cambio di posti di lavoro (una prima selezione del personale ebbe incredibilmente il Comune come punto di presentazione delle domande di assunzione), quasi nessuno a sinistra annusò puzza di bruciato. Neppure un esponente di primo piano dei Ds come Fulvio Vassallo - ex assessore regionale e nel 2006 candidato, poi sconfitto, per le provinciali di Imperia - si accorse di nulla nonostante la Conad lo avesse assunto, nella sua veste di commercialista, come consulente. I magistrati di Sanremo e la squadra mobile di Genova però di qualcosa si accorgono. E così Shopville diventa uno dei capitoli della maxi inchiesta di corruzione e mattoni che ha portato in carcere o sul registro degli indagati l'ex delfino di Scajola e primo cittadino di Taggia Lorenzo Barla, e poi sindaci, ex sindaci, presidenti della Camera di Commercio, imprenditori, funzionari comunali, ingegneri, ex assessori regionali e pure un parlamentare (Vittorio Adolfo, Udc), tutti di area centrodestra. Il business del presunto giro di mazzette e favori: case, case, case. Anzi, interi quartieri come quello di Borgo San Martino, realizzato sulle rive del torrente Argentina, finito sotto sequestro in blocco per un lungo periodo, con alloggi ancora sigillati e inquilini che avevano anticipato già dei soldi in attesa di sapere quale sarà il loro destino. Uno dei consulenti dell'impresa costruttrice, l'ingegner Alessio De Melas, chiamato al processo come testimone, ha spiegato che «bisognava accontentare il committente e finire in fretta. Diversamente, mi era stato detto, sarebbe scoppiato il finimondo con tutti quegli interessi in gioco, economici e politici». Così lui e il suo collega Tiziano De Silvestri ignorarono i problemi relativi al Piano di bacino e ai rischi di esondazione: «Calcoli non ne sono stati fatti. Abbiamo applicato l'unica metodologia possibile, quella osservativa a seguito di una serie di sopralluoghi. Poi De Silvestri è pervenuto alle sue conclusioni: conclusioni intuitive».

Fabio Pin, su «Il Secolo XIX», racconta che dopo quella frase anche il pm è apparso sbalordito. E un po' anche i giudici visto che, in primo grado, ad aprile 2008, hanno condannato cinque dei sei imputati, alcuni dei quali - come Piero Gilardino, ex sindaco ed ex assessore regionale di Forza Italia - non solo per abuso d'ufficio ma anche per truffa. Pensate però come devono averla presa, quella perizia idraulica addomesticata, le centocinquanta famiglie che hanno comprato gli appartamenti con vista fiume. Cause e procedimenti civili sono già partiti, ma nel frattempo un nuovo studio commissionato dagli enti locali avrebbe scoperto che la portata del torrente Argentina è inferiore a quella stimata in precedenza e di conseguenza anche il rischio di esondazione sarebbe minore. D'altra parte a Taggia c'è una statua della Madonna Miracolosa tra le più note d'Europa e in occasione delle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario, nel 2005, ai visitatori del santuario era stata promessa l'indulgenza plenaria. Che, purtroppo per qualcuno, non comprende ancora quella giudiziaria.

Pieds dans l'eau a Bordighera
Adriano Celentano, che viene a trascorrere qualche fine settimana estivo nel suo alloggio in un residence di Bordighera, nell'agosto 2007, con lettere ai quotidiani e interviste ai telegiornali, si è scagliato con la sua proverbiale schiettezza contro «la merda che galleggia in mare» e il cemento dilagante. Chissà se a ispirarlo, affacciato alla finestra del suo appartamento, oltreché le chiazze giallastre fluttuanti davanti alla costa, sia stata anche la vista della costruenda, e ormai quasi conclusa, palazzina pieds dans l'eau realizzata a poche decine di metri di distanza, nel cuore della bellissima baia di Bagnabraghe. Un nome fortemente evocativo. Al centro della piccola insenatura, sotto l'Aurelia, tra la ferrovia e il mare, a ridosso di una bianca scogliera, sorgevano i resti di un ex macello. Un manufatto abbandonato, che durante la guerra era un punto di raccolta per le famiglie ebree in fuga dalle persecuzioni razziali: da qui - camminando nell'acqua, e questo spiega il nome Bagnabraghe - salivano sui gozzi che le avrebbero condotte al largo, dove erano in attesa le navi della salvezza. Un luogo storico, che per questa ragione è stato inserito in un progetto culturale cofinanziato dall'Unione europea intitolato "La memoria delle Alpi".

Ecco, la memoria appunto, perché solo quella resterà, e forse, troppa grazia, pure un cartello, quando la società Lagest avrà completato il suo gioiello: un residence con dodici appartamenti ultraesclusivi, prezzi attorno ai 12 mila euro al metro quadro. Ma a ben guardare, un filo ideale con la tragedia degli ebrei in fuga c'è: quelli per fuggire ai nazisti si bagnavano i calzoni, oggi i fortunati e ricchi acquirenti inzupperanno i pieds dans l'eau. Locuzione francese assai in voga da queste parti. Sia perché intrinsecamente esclusiva, ma anche perché quella delle palazzine a mollo è ormai l'ultima, e più redditizia, frontiera del mercato immobiliare, considerata la saturazione a monte dell'Aurelia. Insomma, qui a Ponente, l'idea dell'allora ministro Giulio Tremonti di vendere gli arenili potrebbe trovare rapida ed entusiastica applicazione, e nell'attesa chissà che qualcuno non trovi la scappatoia per le prime palafitte. La Lagest, la società che ha costruito la palazzina per milionari, merita qualche parola in più. Il suo amministratore di facciata è Sergio Sricchia, giornalista ottantenne che ha spiegato di essersi prestato per amicizia quando il pm Antonella Politi, che sull'operazione ha aperto un fascicolo per presunti abusi, lo ha interrogato in Procura.

I due proprietari reali sono, invece, imprenditori ben noti da queste parti. Uno è Giuseppe Bianchi, dinastia di costruttori e reuccio del mattone della provincia. Quando nel 2003 si aggiudica l'area dal Comune per due milioni e 605mila euro (qualche consigliere contesta inutilmente al sindaco la necessità di svendere immobili senza una reale esigenza economica), Bianchi è presidente della Camera di Commercio. Lo resterà fino a quando, nel maggio del 2005, finisce in manette per l'ennesimo festival giudiziario in cui un pm, questa volta Marco Zocco, contesta mazzette per appalti. La solita musica, perché in fondo Sanremo è Sanremo. Il socio di Bianchi nell'affare Bagnabraghe si chiama Bernardo Devia, ma tutti lo chiamano Dino. Ha partecipazioni in una trentina di società e il suo regno è l'agenzia immobiliare Domus di Ospedaletti. Nonostante il business dei pieds dans l'eau, Devia è un deciso sostenitore dell'understatement. «Macché prezzi alle stelle. Sono due anni che quelli degli immobili sono fermi. Comunque almeno qui il mercato non darà grandi emozioni, ma regge», racconta a «Il Secolo XIX» che lo intervista nell'estate del 2007, quando varie ricerche di mercato segnalano il caro case in Liguria. E sì che di emozioni il suo mestiere non gliene fa mancare. La saracinesca della Domus, nel 2004, è bersaglio di alcuni colpi di pistola e a marzo del 2007 l'agenzia viene distrutta da un rogo doloso. E ancora prima, nel novembre 2003, due valigioni pieni di documenti, ricevute di transazioni e carte della sua attività vengono ritrovati dai netturbini dentro un cassonetto dell'immondizia. Devia ipotizza che si tratti dell'opera di ladri di carta straccia. Ma gli inquirenti qualche accertamento in più lo fanno, visto che solo il giorno prima a Ospedaletti è finito in manette il sindaco dell'Udc Flavio Parrini. Sì, inutile azzardare ipotesi fantasiose: corruzione per licenze edilizie. Nel gennaio 2007 Parrini è condannato in primo grado a quattro anni e dieci mesi. Per il reato di favoreggiamento, pena di sei mesi per un altro costruttore di peso della zona: Piergiorgio Parodi. Niente di meno che il padre di Nostra Signora dei Porticcioli, personaggio fondamentale del nostro libro, del regno di Scajola e di questa Liguria tutta da costruire.

Nostra Signora dei Porticcioli
Piergiorgio Parodi, geometra da Bordighera, crea la sua fortuna negli anni Sessanta e Settanta in Riviera ma anche all'estero, ad esempio in Marocco dove, si racconta, realizza per il re Hassan II edifici importanti quali il palazzo reale di Agadir, la prefettura e la moschea di Casablanca. Negli anni Novanta lo affianca la figlia. È la trentatrenne Beatrice Parodi, donna affascinante, intelligente e risoluta, personaggio che spicca nella generale opacità dell'imprenditoria ligure. È la figlia d'un geometra che, mentre scrive la tesi di laurea, vende il suo primo appartamento. È la first lady della ricca provincia quando sposa Gianfranco Cozzi, erede della famiglia di costruttori forse più potente della zona, che viene eletto in parlamento per l'Udc e muore in un incidente stradale nel 2004.

Fosse un romanzo di Balzac, Beatrice Parodi a quel punto finirebbe in miseria, emarginata dai circoli del potere. Ma il melodramma da feuilleton non si addice al laterizio. Beatrice dimostra che nell'impero finanziario condiviso con il marito c'era anche lei in sala di regia. I porticcioli, abbinati agli immancabili e redditizi volumi residenziali a terra, oltreché i campi da golf e gli alberghi di lusso, diventano il suo tratto distintivo. Le qualche migliaia di posti barca tra Marina degli Aregai a Santo Stefano al Mare, Imperia, San Lorenzo al Mare, Bordighera, Porto Sole a Sanremo, più le altre centinaia previste per il nuovo scalo di Ventimiglia e gli ampliamenti di quelli esistenti, non solo fanno del suo gruppo un quasi monopolista del Ponente, ma consentono alla Liguria di essere la regione italiana con il maggior numero di posti barca previsti dal Piano della costa: 22.237 secondo l'istituto di ricerca Nomisma, 23.350 per la Regione Liguria. Ma oltre al numero è sorprendente vedere gli incrementi percentuali. La società di studi economici Nomisma li fissa in 42,3 per cento nell'arco dei sette anni compresi tra il 1998 e il 2005. Ma la tabella ufficiale del Piano della costa varato nel 2000 registra un'impennata pari al 61 per cento. Secondo Nomisma solo la Sardegna ha fatto segnare uno sviluppo percentuale maggiore (114 per cento), ma oltre ad avere in assoluto un numero di posti barca inferiore, l'isola ha un perimetro costiero di 1848 chilometri, ossia cinque volte quello ligure. E poi non va dimenticato che, mentre sul litorale amministrato da Renato Soru esiste una legge che vieta costruzioni entro i due chilometri dalla costa, in Liguria la stragrande maggioranza delle iniziative nautiche si accompagna a sostanziose volumetrie a ridosso delle banchine. Beatrice Parodi ha praticamente vinto tutte le sue battaglie. Anche quelle che sembravano perse, come la lunghissima vertenza giudiziaria per l'hotel Portosole a Sanremo, lungo la promenade, al centro della città e dell'omonimo porticciolo. Il processo la vedeva accusata di una serie di abusi edilizi assieme al defunto marito, due professionisti e un imprenditore. La vicenda dell'albergo di lusso costruito praticamente sull'acqua si trascinava da quasi un decennio. Per gli ambientalisti era uno degli «ecomostri» italiani. Nel 2002 scattò il sequestro, ma quando nel marzo 2005 arrivò la sentenza, era già scritto che grazie a uno dei condoni del governo Berlusconi cui la proprietà dell'hotel aveva fatto largamente ricorso, i reati sarebbero affondati. E infatti: tutti assolti. Seppur con la cosiddetta formula dubitativa. Ma vuol dir poco. Per il gruppo Parodi l'ultimo ostacolo è un mazzetto di richieste di condono ancora da definire e da conciliare con il piano regolatore. E poi via, un bacio della betoniera e l'ecomostro si trasformerà in uno sfavillante principe dell'hôtellerie. Per Beatrice è il successo decisivo. Quello che spiana le ultime riserve di chi la considerava ancora la figlia del palazzinaro. Eccoci, la nostra eroina è vicina alla consacrazione, anche se il romanzo d'appendice riserva sempre qualche ulteriore colpo di scena. È il 27 febbraio quando viene nominata presidente della Camera di Commercio di Imperia. La spiacevole circostanza che il padre, solo un mese prima, sia stato condannato nel processo per le tangenti al sindaco Parrini non crea nessun imbarazzo né a lei né agli esponenti del mondo economico che l'hanno eletta.

E poi, visto che la Francia è a due passi e, come si dice, tout se tient, la Parodi subentra, al vertice dell'ente camerale a Giuseppe Bianchi, che non solo è un costruttore come lei, ma è finito in carcere perché indagato per corruzione in un filone d'inchiesta nato dalla stessa indagine su Ospedaletti che ha messo nei guai Parodi senior. Suggestioni, niente più. E, infatti, per festeggiare in un convegno i primi cento giorni del neopresidente e spazzare via qualunque maldicenza, ecco arrivare i più appassionati sostenitori della Signora dei Porticcioli. I due Claudio: Burlando e Scajola. Ma il fato non le concede tregua. A un anno esatto dalla consacrazione, il Tar (Tribunale amministrativo regionale) annulla la sua nomina bocciando le tesi sostenute dalla Regione di Claudio Burlando e accogliendo quelle dei ricorrenti, ovvero i commercianti di Ascom e Confesercenti. I giudici definiscono come «erronei» i criteri con i quali Camera di Commercio e Regione avevano di fatto ridotto i seggi a disposizione dei commercianti, consentendo in tal modo alle altre associazioni di convogliare i propri voti sulla Parodi. Procedura che in passato aveva sempre garantito la poltrona di presidente a un rappresentante degli imprenditori, fatto assai raro in tutta Italia e ancor di più in una provincia che le sue industrie le sta chiudendo. Edilizia a parte. È solo una battaglia persa in una guerra che si annuncia combattuta, ma per i due Claudio è uno smacco.

Gli scandali di Sanremo
Il richiamo del calcestruzzo sembra irresistibile. Almeno per chi costruisce. Prendete Sanremo. La città dei fiori ha un traffico degno delle megalopoli asiatiche e le sue colline sono un pullulare di cantieri fin dai tempi delle prime denunce di Italo Calvino. Nel 2004 la città va alle urne. Un'inchiesta per corruzione ha infatti coinvolto il Comune guidato dal centrodestra. Il sindaco Giovenale Bottini (che nella sua veste di medico è stato anche uno dei responsabili medici delle Terme di Pigna del solito gruppo Cozzi Parodi) ne uscirà prosciolto, ma il suo celebre assessore al Turismo, il forzista Antonio Bissolotti, è stato di recente condannato in primo grado a quattro anni, proprio mentre pregustava un'assoluzione e aveva già anticipato la sua rentrée sulla scena politica.

Alla sua maniera: poco understatement e molte fanfare. Aveva infatti organizzato, a settembre 2007, nella sua Sanremo, un convegno alla presenza di Giulio Andreotti e con seduti in prima fila l'immancabile Scajola e alcuni cardinali arrivati da Roma. Un'iniziativa coordinata con l'amico Marco Simeon, enfant prodige della pattuglia degli imperiesi: professionista diviso tra la fede - con le sue amicizie all'Opus Dei e il priorato della Fondazione Magistrato di Misericordia - e la finanza, con il seggio da consigliere nella Fondazione Carige. Che poi son due strade che spesso si incontrano, visto che la Fondazione ha erogato 270mila euro (Simeon non c'era ancora ma era presente un altro alfiere dell'Opus Dei, Pierluigi Vinai) per la ristrutturazione della sede, nel centro storico di Genova, del Magistrato di Misericordia, anch'essa fondazione e proprietaria di nove palazzi per 130 unità immobiliari. Di queste sue capacità si è accorto pure Cesare Geronzi che ha affidato a Simeon l'incarico di «ambasciatore » di Mediobanca in Vaticano, come addetto ai rapporti con la chiesa. Insomma, nel 2004 a Sanremo si vota e, miracolo, vince la coalizione di centrosinistra.

Dentro però c'è un po' di tutto. Intellettuali, radicali, diessini pragmatici, la solita pattuglia di ex democristiani e un sindaco, Claudio Borea, perbene ma politicamente ingenuo, come lo definiscono alcuni suoi amici. È una giunta perennemente sull'orlo di una crisi di nervi. Borea perde pezzi e li riacquista, e quando si parla di temi e poltrone fondamentali come quella del casinò, volano i coltelli. La questione morale è ormai acqua passata, c'è da sopravvivere fino alla fine del mandato e c'è soprattutto un modo per riuscirci: dare il via alla grande orgia edificatoria. Ossia, approvare quel Puc (Piano urbanistico comunale) rimasto dal 2003 fermo a progetto preliminare. Una situazione che ha riattivato i vincoli paesistici regionali sul 75 per cento del territorio comunale. In particolare in quelle zone agricole collinari dove le ruspe scalpitano. L'assessore all'Urbanistica Andrea Gorlero, a gennaio 2008, si è addi- rittura pubblicamente scusato dicendo di essere stato «incauto » nel prevedere i tempi di realizzazione del Puc. Per farsi perdonare, però, nelle settimane precedenti aveva introdotto varianti e decreti per rimettere in moto le impastatrici in alcune zone per la costruzione di serre e di case monofamiliari. Ma tutti attendono il Puc definitivo. E per darsi un tono si parla di social housing, di risposte alla richiesta di case per i giovani. Basterebbe guardare la città dall'alto, appena usciti dal casello autostradale, per accorgersi di quei pendii di condomini, fitti fitti come una bidonville di lusso. Oppure ripercorrere l'elenco delle frane che periodicamente interrompono strade e minacciano interi caseggiati, per capire che bisogna dire basta. Ma qui ci sono altre priorità. Ad esempio: che succederebbe a Torino se l'assessore alla Formazione e al Lavoro sedesse accanto a Sergio Marchionne il giorno in cui la Fiat presentasse i propri piani di sviluppo? Nella città dei fiori accade che il responsabile dell'Urbanistica Andrea Gorlero, il 7 febbraio 2007, sieda alla sinistra di Beatrice Cozzi Parodi nella sala ricevimenti dell'hotel Portosele, il giorno in cui l'imprenditrice annuncia nuove operazioni e la realizzazione di un hotel di lusso «che rientrerà all'interno del progetto P.h.ar.o.s., per la salvaguardia e il rispetto dell'ambiente». Sede privata per l'evento di un privato. Gorlero, peraltro, è in buona compagnia. A fare da accompagnatori a Nostra Signora dei Porticcioli ci sono pure Marcello Pallini, sindaco di Santo Stefano al Mare (porto degli Aregai), e Alessandro Catitti, primo cittadino di Castellaro. Quest'ultimo è, o forse era, un bellissimo borgo medievale sulle colline di Taggia. Il gruppo Cozzi Parodi ci ha impiantato un grande campo da golf con vista mare, e lì accanto è in fase di ultimazione un quartiere di villini per vip chiamato «Borgo Lampedusa».

Particolare curioso, l'8 febbraio 2007, il giorno dopo il «Beatrice Show», a Taggia veniva presentato in una serata pubblica, a cura della Cgil di Imperia, un documentario realizzato da Franco Revelli e dedicato proprio alla trasformazione subita da Castellaro: i disagi per gli abitanti, l'accusa di aver creato un ghetto per ricchi che ha snaturato le tradizioni culturali, ambientali e familiari di un turismo davvero compatibile, fino alle problematiche derivanti dal grande fabbisogno di acqua necessario per garantire la qualità del green. Ah, naturalmente, il sindaco a questo appuntamento, dove erano presenti decine di suoi compaesani, non si è fatto vedere, o, se c'era, è rimasto nascosto.

Area 24, il segretario di Scajola nei guai
Insomma, Sanremo è Sanremo, e per i sanremesi Calvino in fin dei conti è solo il nome del lungomare. Quello che corre parallelo all'ex ferrovia, o meglio al tracciato di Area 24. A seconda di come uno la vede: grande occasione di rilancio turistico ecocompatibile, oppure grande business da spolpare. Area 24 è una società a maggioranza pubblica costituitasi nel 2002: il capitale sociale è sottoscritto per il 43 per cento da Filse (la finanziaria della Regione Liguria), per il 43 per cento dal Comune di Sanremo e per il 14 per cento da Banca Carige. Alla società vengono affidati i 24 chilometri di ferrovia della linea Genova-Ventimiglia nel tratto compreso tra Ospedaletti e San Lorenzo al Mare dopo che nel 2001 entra in funzione il raddoppio ferroviario a monte. Area 24 deve riutilizzarli, rivitalizzando al contempo l'economia del territorio, e «valorizzando le potenzialità ambientali e turistiche dell'ex sedime ferroviario».

Nel sito della società vengono elencati gli obiettivi - le mission nella brochure on line - primari: «La realizzazione di un parco costiero lineare [...] Il potenziamento delle infrastrutture esistenti e la creazione di ostelli, punti ristoro ed impianti sportivi lungo tutto il percorso». Piuttosto chiaro, non c'è bisogno di aggiungere altro. Ma è il terzo punto che necessita di qualche approfondimento. Eccolo: «Il completamento di un intervento di trasformazione urbana che metta in comunicazione i diversi ambiti cittadini interessati, con l'intenzione di valorizzare gli ambiti urbani rendendoli maggiormente fruibili, anche tramite la realizzazione di parcheggi, spazi commerciali e aree verdi». Ma non è finita, bisogna andare fino in fondo. Lo strumen- to urbanistico che ingloba e sviluppa le mission di Area 24 si chiama «Prusst: Programma di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio. Riuso dell'ex ferrovia del Ponente ligure nella tratta Ospedaletti-San Lorenzo al Mare e realizzazione di interventi di riqualificazione urbana, ambientale e paesistica della fascia costiera». Il programma prevede 48 interventi strategici, di cui 33 pubblici e 15 privati: Interventi che insistono sulle aree più ampie del sedime ferroviario dismesso: Palafestival a Sanremo; Centro polivalente a Taggia; ricucitura centro storico a Santo Stefano al Mare; recupero ex stazione a San Lorenzo al Mare. Strutture per il turismo: alberghi; cabinovia Aregai-Cipressa; collegamento della cabinovia con piazzola autostradale; albergo e museo dell'olio a Cipressa. Strutture per lo sport: impianti sportivi a Pian di Poma, Sanremo; Velodromo nella ex Caserma Revelli di Taggia. Strutture per il diporto nautico: completamento delle strutture di Marina degli Aregai a Santo Stefano al Mare; nuovi porticcioli turistici a Ospedaletti (Baia Verde) e a San Lorenzo al Mare. E qui iniziano a formarsi varie scuole di pensiero. Il fine è tutto sommato condivisibile: intanto realizzare la pista ciclabile, poi inserire il recupero dell'ex ferrovia e delle stazioni in un disegno più ampio, che miri alla riqualificazione di aree abbandonate.

Ma c'è anche chi storce il naso di fronte ad alcune situazioni. Intanto le modalità di affidamento di alcuni terreni, immobili e anche diritti. Franco Bonello, consigliere della Sinistra Arcobaleno, alla fine di febbraio del 2008 presenta in Regione un'interrogazione che ha pochissima eco ma che solleva alcune questioni di non poco conto (vedi anche nota in fondo). I dubbi di Bonello sono presto detti. Nell'area dell'ex stazione di Taggia, la Millenium realizzerà un intervento che prevede quasi 200 posti auto pubblici e 176 box. Un affare da 7-8 milioni di euro di ricavi per la società, derivati dalla vendita dei box e probabilmente dalla gestione del parcheggio pubblico. Le perplessità del consigliere regionale riguardano le carat- teristiche dell'affidamento dell'operazione e i benefici per il Comune di Taggia, ma soprattutto la scelta del soggetto. La Millennium Capital è sicuramente una società sana, seria, formata da manager motivati, ma «la sua politica - come è scritto sul sito - è la presa di partecipazioni azionarie, sotto qualsiasi forma, in aziende o società lussemburghesi od estere». Il fatto è che le sue radici lussemburghesi - con quella parola anonyme che qualcosa vorrà pur significare -, a giudizio di Bonello, non garantiscono quella totale trasparenza che meriterebbe invece un'operazione avviata da un soggetto pubblico come Area 24. «Siamo una società di diritto italiano ed è questa che ha vinto l'appalto» spiega da Milano Giuliano Gavitelli, amministratore delegato di Millenium. «Siamo molto conosciuti dal sistema bancario e siamo presenti sul mercato da diversi anni. È vero che è controllata dalla società lussemburghese, ma escludo categoricamente che possano esserci conflitti di interessi di alcun tipo nell'operazione di Arma di Taggia. Quanto all'appalto, le posso dire che abbiamo saputo dell'opportunità, abbiamo presentato una nostra proposta e siamo stati preferiti ad altri due soggetti.» È così che si fa: si parte da una pista ciclabile con le sue belle aree di sosta attrezzate, i punti di ristoro, ed ecco il parco costiero. Poi però si parla di recupero e di alberghi, quindi di spazi commerciali, e allora si lascia la bici e si sale in auto e bisogna pensare ai parcheggi, e alla fine dove si arriva? Ai porticcioli, sempre lì si va a finire, anche partendo dalle biciclette. È grazie ad Area 24 e al Prusst che si completa la pratica Baia Verde di Ospedaletti, il progetto di porto che prevede banchine per 400 imbarcazioni e poi alberghi e seconde case per un totale di mille posti letto. Che detto così può anche non stupire, ma se uno pensa che si tratta del 30 per cento della popolazione locale, forse un certo effetto lo fa.

Anche su Area 24 è in corso un'inchiesta della magistratura. Il pm Francesco Pescetto e i finanzieri della compagnia di Sanremo stavano indagando su alcuni soggetti quando pare siano incappati in alcune telefonate che li hanno incuriositi. Poco tempo dopo, era la fine del 2006, scattavano le iscrizioni sul registro degli indagati. Il reato contestato: corruzione. I soggetti coinvolti: Giuseppe Guerrera e Dino Masala. Il primo è il capo della segretaria dell'onorevole Claudio Scajola, l'uomo di cui l'ex ministro degli Interni si fida ciecamente e del quale dice: «Conosco la sua correttezza e professionalità. Verrà dimostrata la sua estraneità alle accuse». Che nella circostanza è quella di aver intascato una mazzetta da 70mila euro per fare aggiudicare a Masala l'appalto per la sistemazione di otto dei 24 chilometri di pista ciclabile, quelli compresi tra Santo Stefano e San Lorenzo. Masala stracciò la concorrenza con un ribasso del 50 per cento su un importo di base di gara di 12 milioni. L'inchiesta è ancora in corso ed è sicuramente una di quelle dal potenziale esplosivo. Ma potrebbe rivelarsi anche un flop, capita. Quello che invece va sottolineato è un altro aspetto. È normale che a vincere un importante appalto pubblico (era il febbraio 2005, la Regione era ancora amministrata dal centrodestra e il presidente di Area 24 era Antonio Semeria di Forza Italia) sia l'impresa di un signore che appena un anno prima si è visto confermare in cassazione una condanna a un anno e dieci mesi per turbativa d'asta? Masala finì coinvolto in una maxi-inchiesta che smascherò una sorta di cabina di regia per gli appalti, con numerosi imprenditori indagati e condannati. Ma i tempi della prescrizione arrivarono in soccorso della maggior parte degli imputati. Non di Masala, che, comunque, ha continuato a partecipare alle gare. Anche quando una mano misteriosa ha dato fuoco a quattro camion della sua impresa.

Ecco un passaggio del suo interrogatorio del 1996 riportato da «Il Secolo XIX»: «Le ditte tendono ad accordarsi preventivamente per stabilire l'offerta vincente. In concreto, accade che l'impresa che intende aggiudicarsi una gara cui tiene particolarmente contatta, per telefono o fax, le altre imprese con cui abbia rapporti confidenziali. Quindi invita il singolo imprenditore a fare un'offerta prestabilita».

Il magistrato dell'antimafia
Il 10 novembre 2007 a Milano, in una delle sale di Palazzo Marino, si tiene il convegno «La mafia invisibile: Criminalità organizzata al nord». Tra i selezionati relatori c'è anche Anna Canepa, a lungo pm in Sicilia prima di diventare pm della Procura distrettuale antimafia di Genova, dove ha condotto indagini sulle cosche e ottenuto condanne per mafia. La sua radiografia della situazione ligure non ha bisogno, purtroppo, di commento.

Leggiamola: «Il dato più allarmante, per il pericolo di commistioni e contaminazioni, è l'espansione della dimensione affaristico-corruttiva di questi gruppi in attività economiche legali ovvero una contiguità con ambienti imprenditoriali e finanziari della regione. Le vicende in cui sono stati coinvolti gli amministratori di ridenti cittadine come Sanremo, Ospedaletti, Arma di Taggia sono estremamente preoccupanti (incendi dolosi, proiettili dentro buste anonime, colpi di pistola esplosi di notte nei confronti di attività commerciali etc.) stanno evidenziando il sopravanzare di gruppi imprenditoriali-politico-affaristici inclini ad abusare del potere pubblico per conseguire profitti illeciti. L'assoluto progressivo degrado del Ponente ligure (realtà da cui provengo e quindi ben conosciuta anche come cittadina), la sua costante meridionalizzazione nel modo di interpretare la Pubblica Amministrazione come approccio o meglio come mancanza di approccio etico ha portato sicuramente da un lato povertà culturale, e dall'altro grande spregiudicatezza. Non si deve dimenticare a proposito, la vicenda Teardo, che negli anni Ottanta ha visto l'allora presidente socialista della regione Liguria, Alberto Teardo, coinvolto in un sistema di racket e tangenti. È importante non dimenticare che Criminalità Organizzata non è solo violenza, estorsioni, omicidi, ma è sopratutto, nelle realtà come la nostra, penetrazione nella economia legale e nel mercato attraverso il riciclaggio del denaro; ed è bene ricordare che è attraverso lo strumento dell'appalto e sopratutto del subappalto che la economia legale viene pesantemente infiltrata e condizionata da quella illegale. E quindi "conclude" quella colata di cemento che con la benedizione trasversale di tutte le forze politiche sta per abbattersi sulla Liguria, in particolare attraverso la costruzione dei porticcioli turistici e degli insediamenti connessi, e che dovrebbe essere oggetto di grande preoccupazione, per non dire allarme».

Note:Bonello spiega in un suo comunicato i motivi dell'interrogazione: L'iniziativa mira a fare chiarezza sulle modalità con cui Area 24 avrebbe agito, in qualità di mandataria per conto dei Comuni di Sanremo, Taggia, Santo Stefano al Mare, Ospedaletti, Riva Ligure, San Lorenzo al Mare, Costarainera e Cipressa, che le hanno affidato immobili ex ferroviari. In particolare si chiede alla Giunta chiarimenti sull'affidamento alla società Millenium Capital Holding Italia Spa, una società d'investimento immobiliare costituita nel 2004 a Milano e controllata dalla holding So.Par.Fi. Millenium Capital Participations S.A. [Société Anonyme], che ha sede in Lussemburgo. Anche l'importo per cui è stata affidata la realizzazione delle opere nel Comune di Taggia è oggetto dell'interrogazione.

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