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Non paghi il "pizzo"? Perdi i clienti. La Dia indaga

IL FENOMENO
Una cinquantina di negozi in Valpolcevera sarebbero ostaggi di sottili intimidazioni
della 'ndrangheta
"Non paghi il "pizzo"? Perdi i clienti"
La mala minaccia cattiva pubblicità ai commercianti nel mirino.

La Dia genovese indaga
di Matteo Indice

E' una forma di ricatto "strisciante", un'intimidazione radicata nei luoghi, e nel tempo, che sta cambiando pelle e sulla quale - da almeno un mese e mezzo - è al lavoro anche la Direzione investigativa antimafia genovese. Al vaglio degli inquirenti c'è infatti una dettagliata segnalazione sulla riscossione del "pizzo" in Valpolcevera, l'esazione mensile di somme non troppo elevate ma costante, il cui mancato pagamento comporta ritorsioni diverse da quelle "tradizionali" e molto eclatanti.
Tra Bolzaneto e Rivarolo, da un paio d'anni, sta succedendo qualcosa di diverso. Un po' come se l'attenzione degli "esattori", legati alla criminalità organizzata ed in particolar modo alla 'ndrangheta, si fosse concentrata su un gruppo ristretto di commercianti.
"Una cinquantina di esercizi della zona - si conferma in ambienti investigativi - subisce intimidazioni continue, mentre per una cerchia equivalente la situazione cambia a seconda del periodo". Le pressioni dei malviventi riguarderebbero il circuito delle attività meglio avviate, quelle in grado di racimolare mensilmente la cifra richiesta senza rallentare eccessivamente gli affari. La Dia ha drizzato le antenne una volta ricevuto un corposo dossier della "Casa della Legalità" con sede in via Piombelli, a Rivarolo, un lavoro frutto di decine d'interviste "confidenziali" che hanno fatto lievitare l'interesse investigativo. E' ovviamente premesso, nell'informativa, che «il fenomeno risulta, alla luce della paura degli stessi individui che ci hanno contattato, difficile da contrastare senza la volontà di denuncia da parte delle vittime. Inoltre il pagamento del pizzo impone agli esercenti di doversi garantire un'entrata maggiore e ciò ricade sul consumatore, sul prezzo che questi deve pagare per una merce assoggettata alla "tassa mafiosa"». Ciò avviene quando il pagamento all'organizzazione si concretizza «con denaro contante oppure sotto la fornitura di generi vari ai "rappresentanti” in modalità gratuita. Il fenomeno non è inoltre uniforme su tutto il territorio, ma concentrato in alcune zone, prescelte dalle mafie per ragioni di opportunità. Altrettanto variabile è la cifra, quasi un adattamento all'andamento del mercato delle rivendicazioni criminali».
Interessante è il paragrafo sulle modalità di rappresaglia verso quanti decidono di non pagare. Nelle carte inviate alla Dia all'inizio di novembre si precisa come il pizzo venga «chiesto agli esercenti più attivi in quel periodo, saltando chi ha avuto difficoltà, chiedendo somme non eccessive ma quanto basta per far comprendere il controllo di quel pezzo di territorio, garantendosi omertà e silenzi più che una fonte di guadagno ingente. Chi non paga, come chi non si piega alle ingerenze, non vede il proprio negozio bruciare e però si ritrova colpito dalla "cattiva pubblicità", tanto che viene diffuso l'invito alla comunità di non entrare più in quel locale, di non comprare più nulla da quel commerciante ridicendone sensibilmente il volume d'introiti».


 

APPROFONDIMENTI


GENOVA - NOVEMBRE 2005
SUL RACKET DEL 'PIZZO' E ALTRE ATTIVITA' DELLE MAFIE A GENOVA - clicca qui


IL DECALOGO ANTIRACKET - clicca qui


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Centro Operativo di Genova
Via Siena 20, 16146 Genova
tel. 010.3106646




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