Si chiamava Carlo Mazzei. Il racconto d'un testimone
Cosenza - Si chiamava Carlo Mazzei. Il racconto d'un testimone
Dodici incriminati per l'uccisione di un ventitreenne
nel penitenziario
di Arcangelo Badolati
Agguati per le strade della città capoluogo, omicidi a Paola, Amatea, San Lucido, Corigliano, Sibari: erano i terribili anni '80 e nel Cosentino impazzava la guerra di mafia. Si uccideva ovunque, anche in carcere. Si poteva morire anche per via d'una amicizia sbagliata. Così accadde a Carlo Mazzei, 23 anni, assassinato a coltellate nel vecchio carcere bruzio di Colle Triglio il 27 agosto 1980. Venticinque anni dopo, per questo crimine, la Procura di Cosenza ha incriminato dodici persone cui è stato notificato un avviso di proroga delle indagini preliminari. Indagini riaperte grazie alle confessioni rese dai collaboratori di giustizia. Tra i sospettati, nella veste di mandante, figura il pentito Franco Pino, all'epoca dei fatti a capo di una potente cosca. Mazzei venne ucciso nella cella numero 11 del penitenziario, dove si trovava in compagnia di Nicola Notargiacomo e Salvatore Pati. Un commando, composto da cinque persone, fece irruzione nella cella. Notargiacomo non venne sfiorato, mentre Pati rimase ferito da un fendente ma riuscì a salvarsi proteggendosi il corpo con il materasso della branda. Mazzei, invece, venne ammazzato con nove coltellate vibrate in varie parti del corpo. L'eliminazione del ventitreenne – secondo quanto riferito dai collaboratori Roberto Pagano e Franco Pino – fu una sorta di risposta data per vendicare la scomparsa per lupara bianca di Armando Bevacqua. L'uomo, che era figlio naturale di Luigi Palermo, inteso come "U Zorru", per lungo tempo capo carismatico della malavita cosentina, era stato fatto sparire il 31 luglio del 1980. Mazzei veniva ritenuto vicino a Carlo Rotundo, contabile di una delle cosche in lotta in città, ammazzato a sua volta nel 1981. Nicola Notargiacomo, testimone oculare dell'accoltellamento compiuto in carcere, ricostruisve così le fasi del delitto. «Pati era sdraiato sulla branda, io mi dedicai a sistemare la frutta mentre Carlo Mazzei era nel bagno intento a sbarbarsi. Ad un tratto, vicino all'infermeria, scoppiò una lite che richiamò l'attenzione della guardia che si allontanò in quella direzione repentinamente. Quando la guardia si allontanò dalla nostra cella, entrarono cinque persone incappucciate, che indossavano tute da ginnastica e scarpe da tennis, due delle quali armate di coltello a scatto, mentre gli altri tre impugnavano trincette da calzolaio. Uno di loro mi puntò contro una trincetta ingiungendomi di farmi i fatti miei. Gli altri quattro entrarono nel bagno ove vi era Mazzei ancora intento a farsi la barba. Salvatore Pati balzò dalla branda che immediatamente usò come scudo ponendosela davanti al corpo e impugnò repentinamente una lama di coltello priva di manico, che noi tenevamo per ogni evenienza. Pati venne colpito da un fendente al fianco dall'uomo che mi sorvegliava. Gli altri quattro, invece, colpirono Mazzei nel bagno con nove coltellate. L'uomo tentò una timida difesa brandendo un legno di scopa».