Intervista a Rosario Caci
L'intervista pubblicata dal Corriere Mercantile e, di seguito, la replica da noi inviata alla redazione del quotidiano...
Questo è il testo di replica con richiesta di pubblicazione inviato al Corriere Mercantile (Direttore e giornalista) e puntualmente ignorato...
E' davvero curioso quanto spazio venga dato alle favole di un soggetto, Rosario Caci, la cui mafiosità è stata accertata in via definitiva dall'Autorità Giudiziaria, in cui lo stesso cerca di nascondere la verità dei fatti e lanciare messaggi di minaccia a chi osa indicarlo per quel che è.
L'Autorità Giudiziaria ha accertato in via definitiva (e chiunque può verificare facilmente visto che come Casa della Legalità abbiamo pubblicato integralmente il provvedimento - definitivo, non appellabile - sul sito www.casadellalegalita.org) la mafiosità del soggetto, procedendo alla confisca dei beni. Ecco alcuni estratti: "A detti elementi sono poi da aggiungere le dichiarazioni dei collaboratori Bilardi Filippo, Celona Emanuele e Celona Luigi dalle quali si trae che Caci Rosario, inteso "Peppe" era dedito, a Genova, al traffico delle sostanze stupefacenti e gestiva altresì nel detto capoluogo ed a Milano un giro di prostitute nel quale era coinvolta anche la convivente"..."Dalla sentenza di condanna emessa dalla Corte di assise di appello di Genova e da quella emessa da questa Corte risulta che il Caci era organicamente inserito in un'associazione dedita allo spaccio dell'eroina, operante sulla piazza di Genova e costituente emanazione di Cosa Nostra, precisamente della componente gelose del clan Madonia. In detta associazione il Caci si era progressivamente inserito, passando dal ruolo di mero spacciatore a quello di addetto ai regolamenti finanziari tra le parti. In questo ambito aveva mantenuto stretti rapporti con il gruppo di mafiosi gelesi trapiantati a Genova, prestandosi a fungere da tramite tra i medesimi ed a mettere a disposizione dei latitanti appartamenti e a ricoverare latitanti e armi in appartamenti ed immobili dallo stesso acquistati (come la Cascina di Borgo Marengo) o altrimenti presi in affitto."..."In questo senso non può costituire elemento dirimente la dedotta attività lavorativa della Caci come prostituta, del cui sfruttamento si sarebbe occupato il Caci secondo numerose voci processuali".
Non ci pare così incomprensibile!
Il sottoscritto non ha mai urlato sotto casa del Caci alle sette (o ad altra ora) del mattino, non fosse altro per non disturbare gli abitanti già martoriati di quel pezzo di centro storico abbandonato. Abbiamo promosso una serie di presidi, abbiamo affisso, più volte, "sigilli" simbolici sui beni confiscati che Caci aveva rioccupato con l'acquiescenza delle Istituzioni e degli organi di controllo, abbiamo detto e scritto pubblicamente ciò che è scritto in Atti Giudiziari. Ci spiace, è la verità, lo abbiamo già detto se ne faccia una ragione. Il sottoscritto come gli altri della Casa non solo non "campiamo" con la lotta alla mafia e non riceviamo alcun contributo pubblico, ma non abbiamo mai nemmeno chiesto per noi, come "sede", quei beni confiscati. Abbiamo promosso una proposta di progetto (presentata al Comune, ignorata coscientemente e senza ancora risposta!) che vedeva la disponibilità, oltre che della Casa della Legalità di molti altri soggetti del volontariato per far sì che quei beni (un appartamento e tre bassi) fossero utilizzati per attività sociali concrete per gli abitanti della Maddalena, facendo sì che la "bonifica" si estendesse da quei pochi metri quadri ai vicoli limitrofi, dove, lo sfruttamento della prostituzione e lo spaccio hanno continuato a svolgersi senza ostacoli, mentre il Caci occupava l'appartamento confiscato.
Il Caci afferma poi che ci ha incontrati e mistifica il contenuto del dialogo. Quanto detto è facilmente dimostrabile visto che, casualmente, la mattina del 20 novembre 2007, giorno in cui doveva esserci lo sgombero, la nostra videocamera ha registrato l'audio di tutto il "dialogo". Anche questo pubblicato in ampia parte sul sito internet della nostra associazione. Qualche passaggio? Eccolo: "Rosario Caci ad Abbondanza, con fare aggressivo e minaccioso inizia a domandare: "Tu chi sei?". Abbondanza risponde: "Chi è Lei?". Caci torna a ripetere la domanda ed Abbondanza ribadisce "Chi è Lei?". Caci a quel punto inizia un ritornello: "Mi scassi la mischia" "Perchè mi rompi i ciglioni?" "tu mi rompi troppo i ciglioni!". Abbondanza gli risponde "No, mi spiace, noi chiediamo che venga attuata e rispettata una sentenza definitiva di confisca!". Allora Caci passa ad ingiuriare con frasi quali "Tu sei un magnaccio" per arrivare a "tu vivi sulle disgrazie della povera gente". Ad ogni contestazione mossa lui andava avanti, per arrivare a dire chiedere "Io cosa c'entro con quel signore lì?" (chiaramente riferendosi al nome di Piddu Madonia), "Chi è Cosa Nostra?". Ed affermando che lui non conosce ne Madonia, ne la mafia. Afferma che lui non ha nulla a che fare con la mafia, che lui crede in Dio... Poi si allontana, poco dopo arriva la Polizia per lo sgombero, dopo il rinvio - perché il Comune non ha mandato l'assistente sociale - riscende, insieme alla moglie ed al cumpare, e - davanti al giornalista de Il Secolo XIX - il Caci si lascia andare, rivolto ad Abbondanza, ad una - chiamiamola così?!? - battuta : "Stamattina quando sono sceso volevo ammazzarti. Ma poi mi sono Pentito. Perché io mi pento prima e non dopo come i Pentiti, o meglio, come i Collaboratori, che hanno i vantaggi".
La pericolosità sociale del Caci è inoltre stata accertata - non certo da noi - dagli organismi preposti. Le minacce e intimidazioni che lui nega di aver fatto, ci sono state, altrimenti il Comitato per l'Ordine Pubblico, con il Prefetto ed il Questore, non avrebbero mai proceduto ad attivare una scorta per gli operai che devono restaurare i beni confiscati di Vico delle Mele. Il fatto che abbia scontato la sua pena detentiva, inoltre, non inficia il fatto che non avendo deciso di collaborare con lo Stato, non ha minimamente maturato alcun pentimento per l'attività criminale svolta con il sodalizio gelese del clan di Piddu Madonia, tanto che continua a difendere personaggi come gli Emmanuello il cui spessore criminale, tra i più efferati, è stato ampiamente dimostrato e condannato.
Questo, solo per dovere di chiarezza e verità dei fatti verso i lettori. Caci non è certamente il primo (e non sarà l'ultimo) boss che nega di essere mafioso... si faccia una ragione che noi, come i giornalisti ed altri, lo si chiami per quello che è stato accertato - non da noi, ma da chi di competenza - ovvero un mafioso di Cosa Nostra, legato alla 'decina' dei gelesi del clan di Piddu Madonia.
Christian Abbondanza
presidente della "Casa della Legalità e della Cultura" Onlus della sicurezza sociale
Il link al provvedimento dell'A.G.
Lettera con allegato progetto
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