Caso Matacena, la Cassazione boccia il ricorso dei legali
REGGIO CALABRIA La Cassazione dice no al ricorso dei legali dell’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, condannato in via definitiva a cinque anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, oggi latitante a Dubai perchè inseguito dall’ennesima ordinanza di custodia cautelare. Un provvedimento che i suoi legali – gli avvocati Enzo Caccavari e Corrado Politi – speravano di disinnescare con il ricorso alla Suprema Corte, che però ha rigettato l’istanza dei difensori per violazione delle norme procedurali e nel merito.
In attesa che il governo formalizzi le pratiche per l’estradizione – cui da tempo si lavora, stando a quanto dichiarato da diversi esponenti della commissione parlamentare antimafia – proseguirà dunque senza Matacena il procedimento che lo vede imputato insieme alla moglie Chiara Rizzo, allo storico collaboratore Martino Politi, alla segretaria Maria Grazia Fiordelisi e all’ex ministro Claudio Scajola. Per il pm Giuseppe Lombardo che ha coordinato l’indagine, fanno tutti parte di un vasto e composito network che si sarebbe mosso non solo per tutelare la piena operatività, ma anche per metterne al sicuro l’immenso patrimonio dell’ex politico di Forza Italia quale «stabile interfaccia della ‘ndrangheta, nel processo di espansione dell’organizzazione criminale, a favore di ambiti decisionali di altissimo livello». Ed è proprio in questo quadro che si incastrerebbe il progetto di spostare l’ex parlamentare di Forza Italia in Libano, dove – stando ai piani – avrebbe potuto godere di asilo politico, documenti e piena libertà d’azione.
Un progetto – ha svelato l’inchiesta – che chiama in causa direttamente l’omonimo nipote dell’ex senatore Pdl, Vincenzo Speziali, anche lui raggiunto da ordinanza di custodia cautelare, non ancora eseguita perché residente in Libanio. Per i pm, è lui il soggetto che avrebbe curato i contatti istituzionali internazionali che avrebbero dovuto permettere a Matacena non solo il trasferimento nel paese dei Cedri, ma anche una persistente operatività. Una partita inserita – suppongono gli inquirenti – in un quadro vasto e complesso che sembra coinvolgere uomini di peso della politica nazionale e internazionale, dall’ex presidente libanese Amin Gemayel a pezzi da novanta della politica, dell’economia e della finanza italiana. E non solo.
«Le acquisizioni investigative – si legge infatti nelle carte – hanno condotto a disvelare la piena operatività di un vasto e qualificato numero di soggetti dedito alla commissione di condotte delittuose e di particola re gravità, alcune contro il patrimonio, finalizzate a schermare la reale titolarità di imponenti cespiti patrimoniali in capo a Matacena Amedeo Gennaro, indi volte ad aiutare il predetto a sottrarsi alla esecuzione della pena a lui applicata. Condotte, queste, che presuppongono una rete eli rapporti tra i soggetti ancora non identifi cati in grado di fornire un concreto supporto logistico nei casi analoghi a quello coinvolgente il Matacena». Casi come quello di un altro grande latitante, come Marcello Dell’Utri, o – forse – di altri soggetti ancora. In ogni caso, dice il gip in relazione a Speziali «siamo di fronte a un comportamento allarmante in ragione degli evidenziati elementi di analogia tra le due vicende, Dell’Utri e Matacena e la sicura esistenza di una rete di rapporti e basi logistiche in grado di
supportare la condizione di latitanza di soggetti la cui notorietà, per il contesto politico di provenienza, è tale da richiedere entrature e condivisione di interessi ad alti livelli». Ecco perché la procura continua a indagare su tutti i soggetti tirati in ballo dalla vasta rete di Speziali, che sembra poter contare – e non solo a parole – su quel «sistema ancora non messo interamente a nudo» e che – sottolinea il gip – «opera nell’ombra e sostiene interessi economici e imprenditoriali illeciti, frutto di intese e cointeressenze coinvolgenti svariati settori». Un sistema di cui gli inquirenti sono certi facciano parte Speziali, Matacena e l’ex ministro Scajola, ma nel cui organigramma ipotizzano di poter inserire personaggi di rilievo della politica, dell’imprenditoria e della finanza italiana. A partire da quelli tirati in ballo dagli indagati dell’inchiesta Breakfast.
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