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Le scorribande albanesi di lady Matacena

REGGIO CALABRIA Due bacini e «buon Natale». Chiara Rizzo va via a metà udienza, ma non prima di aver salutato tutti, avvocati e coimputati. Con l’ex ministro Claudio Scajola, la…

REGGIO CALABRIA Due bacini e «buon Natale». Chiara Rizzo va via a metà udienza, ma non prima di aver salutato tutti, avvocati e coimputati. Con l’ex ministro Claudio Scajola, la freddezza delle prime udienze si è sciolta con il passare delle udienze e oggi i due – dai lati opposti dell’aula – seguono attenti il dibattimento senza regalarsi occhiate in cagnesco. Quelle, insieme a commenti al curaro, se le riservano – di tanto in tanto – il pm Giuseppe Lombardo e le difese, ma oggi – complice forse il clima prenatalizio che ha svuotato il palazzo di giustizia e rasserenato gli animi – tutto l’udienza si è svolta nella massima tranquillità. Eppure, la deposizione attenta e precisa del luogotenente della Dia Pasquale Striano pone non pochi problemi ai due principali imputati. 

SCORRIBANDE ALBANESI Chiara Rizzo dovrà prima o poi iniziare a preoccuparsi della minuziosa ricostruzione fatta dall’ufficiale delle sue – quanto meno tentate – scorribande economiche in Albania, dove solo le ritrosie dei soci esteri di fronte alle condanne del marito Amedeo Matacena hanno impedito la realizzazione di quelle due centrali idroelettriche, su cui era determinata ad investire grazie al generoso quanto puntuale finanziamento, offerto sull’unghia da Franco Rossi, avvocato iscritto all’Ordine di Latina, Gran Cancelliere del Knights of Malta OSJ e amministratore delegato della “Osj Knights of Malta Foundation” società di diritto inglese emanata dall’Ordine. 

È INTESTAZIONE FITTIZIA Un affare su cui Lady Matacena aveva deciso di puntare nonostante l’avvocato Battistini – e il corposo carteggio sequestrato dalla Dia lo dimostra – l’avesse messa in guardia. Il legale più volte incontra la Rizzo e, su suo input, anche gli altri professionisti coinvolti nell’affare, come l’architetto Ettore Tarsitani, il cugino Giovanni Tarsitani – da tempo residente a Tirana e presumibilmente curatore dell’affare in Albania – e il misterioso avvocato Rossi, munifico Gran cancelliere dei Cavalieri di Malta. Incontri e contatti che non dissiperanno i dubbi dell’avvocato Battistini, che all’esito dell’ennesima riunione alla Rizzo scrive: «Sono emerse varie difficoltà sia mosse dai soci albanesi sia legate al finanziamento, a causa della situazione in cui si trova tuo marito che impedisce che l’operazione possa essere fatta. Del resto è impossibile, e non te lo consiglio, ricorrere a sotterfugi e intestazioni fiduciarie che costituiscono una soluzione fittizia e potrebbero, anzi, rilevarsi pericolose sotto il profilo penale». Un pericolo ben identificato: intestazione fittizia di beni. 

CHIARIMENTI Passaggi ricostruiti con cura e precisione dall’ufficiale della Dia, ma che non sembrano impensierire la Rizzo, che a metà udienza va via.  Turbato sul finire dell’udienza sembra invece Claudio Scajola, che non appena il luogotenente termina la sua deposizione si precipita a parlare con il pm per chiarire, spiegare, ricordare il suo atteggiamento sempre “collaborativo”. Lombardo ascolta, annuisce, prende la toga e va via. Scajola lo guarda poi raccoglie le proprie cose e va via anche lui, come prima ancora si sono allontanati i giudici del Tribunale, che in testa adesso hanno una ricostruzione precisa delle ultime fasi del piano di spostare Matacena a Beirut. 

IL PROGRAMMA DI SPEZIALI Un “programma” ricostruito dal luogotenente Striano attraverso le conversazioni dell’ex ministro con Vincenzo Speziali, omonimo nipote dell’ex senatore del Pdl, da tempo residente a Beirut, dove ha sposato la nipote del capo delle Falngi, nonché ex presidente della repubblica libanese Amin Gemayel. Ed è proprio la potentissima rete dei cristiani in Libano – minoranza demografica cui corrisponde però un potentato economico e un protettorato istituzionale – che Speziali sperava di sfruttare per far ottenere asilo politico a Matacena in Libano. 

LA STESSA RETE PER DELL’UTRI? Un “servizio” in precedenza reso anche ad un altro politico di Forza Italia , diventato scomodo e ingombrante dopo la condanna per mafia, Marcello Dell’Utri. Ma soprattutto un servizio di cui Scajola sembra essere perfettamente a conoscenza. A rivelarlo è non solo un’informativa della polizia libanese a firma del generale Imad Osman, capo della Division of information of Lebanon, secondo cui Speziali Vincenzo avrebbe accompagnato in passato il Dell’Utri durante i suoi viaggi in Libano e fra i due risulterebbero decine di contatti telefonici, ma lo stesso Scajola che “si tradisce” nel corso di una conversazioni con Speziali, registrata dopo l’arresto dell’ex senatore di Forza Italia a Beirut, dove l’imprenditore catanzarese si è in quelle ore precipitato. «Claudio – sintetizza la Dia nella sua nota – poi domanda a Vincenzo se per l’altro loro amico ci sarà la stessa possibilità (si riferisce ad Amedeo Matacena) Vincenzo lo interrompe dicendo: “Claudio, per cortesia abbi pazienza… non è proprio il caso! E dicendo questa frase si dimostra molto infastidito della trattazione dell’argomento». 

TELEFONI CALDI E MONITORATI Una traccia che gli investigatori stanno seguendo e approfondendo e sembra trovare conferma in un’altra telefonata registrata sull’utenza di Speziali.  È il 14 aprile, sono passati un paio di giorni dall’arresto di Dell’Utri a Beirut e il faccendiere si spende con diversi interlocutori – inclusi i tanti giornalisti che lo chiamano per sapere se abbia avuto a che fare con la latitanza del noto senatore –  per spiegare che lui non ha nulla a che fare con la questione. Ma qualcosa se lo lascia scappare. Ed è un riferimento a Gennaro Mokbel, imprenditore imprenditore italo –libanese, vicino alla vecchia e nuova galassia neofascista, in passato condannato nell’inchiesta l’inchiesta Phuncards – una storiaccia di riciclaggio, fondi neri, tangenti e false transazioni che ha coinvolto grandi aziende come  Fastweb e  Sparkle, pizzicate in affari con le ndrine di Isola Capo Rizzuto, e ha lambito anche Finmeccanica  – anche per aver spianato la strada all’elezione del senatore Nicola Di Girolamo grazie a specifici accordi con le ‘ndrine Arena Nicoscia. 

L’OMBRA DI MOKBEL Ma Mokbel oggi potrebbe diventare interessante anche agli inquirenti reggini, che – in altro procedimento – hanno chiesto (invano) l’arresto di Speziali, prima latitante in Libano, quindi messo lì ai domiciliari da un Tribunale del riesame sconfessato dalla Cassazione. In attesa di un nuovo giudizio relativo alle esigenze cautelari consone alla posizione dell’imprenditore di origine catanzarese, inquirenti e investigatori mettono insieme i pezzi del puzzle. Pezzi che a Mokbel sembrano riservare un ruolo nella latitanza di Dell’Utri. A fine dicembre 2013, i Ros registrano infatti diversi incontri  fra i coniugi Mokbel e Alberto Dell’Utri non solo nel ristorante Osteria da Calaudio – il localino, ma anche a casa del fratello del noto senatore. Curiosamente, nelle settimane successive, non solo i coniugi Mokbel diventano molto più prudenti e circospetti, ma utilizzando protocolli di rete riservati iniziano a fare strane ricerche sul web, tutte monitorate dai Ros che scrivono «l’attività tecnica in questione ha, tra l’altro, permesso di registrare l’interesse dei coniugi Mokbel nella consultazione di siti web relativo allo stato africano della Guinea e dell’arcipelago delle isole Bijagos, luoghi indicati da fonti aperte potenzialmente utilizzati da Dell’Utri Marcello per la sua irreperibilità e riconducibili all’amicizia dei fratelli Dell’Utri Marcello con Mokbel Gennaro». Una tessera ulteriore del mosaico complesso che l’inchiesta Breakfast sta cercando di ricostruire. 

 

 

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