Le udienze ad alta tensione di Claudio Scajola
REGGIO CALABRIA Frecciatine al vetriolo alternate a mesti commenti da perseguitato, scambi feroci con il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e un po’ di neanche troppo malcelata ostentazione di potere. Ci…
REGGIO CALABRIA Frecciatine al vetriolo alternate a mesti commenti da perseguitato, scambi feroci con il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e un po’ di neanche troppo malcelata ostentazione di potere. Ci sono volute tre udienze perché l’ex ministro Claudio Scajola finisse di rendere l’esame e si sottoponesse al controesame incrociato del procuratore e delle difese.
QUESTIONE DI SENTIMENTO Imputato con l’accusa di aver aiutato l’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena ad evitare l’esecuzione di una condanna per concorso esterno e a occultare il suo immenso patrimonio, Scajola ha sempre respinto ogni addebito e alla fine del suo esame sembra convinto di «aver ristabilito la verità dei fatti». Sostanzialmente, a detta dell’ex ministro, lui si sarebbe limitato a tentare di aiutare non Matacena, ma la moglie, Chiara Rizzo «come donna rimasta sola con i figli, disperata, perché non aveva nessun aiuto». In aula più volte l’ha dipinta come una donna vanesia, superficiale e «che neanche si capisce bene quando parla, un po’ per l’accento marcato, un po’ per l’eloquio rapido e l’abitudine a parlare con più persone contemporaneamente», ma per la quale all’epoca – ha detto più volte – «provavo un trasporto con un certo sentimento».
LA VERSIONE DI SCAJOLA Concretamente, tale slancio si sarebbe tradotto nel mettere a disposizione di Rizzo contatti e relazioni necessari per “sbloccare” un’importante somma congelata alle Seychelles, possibilmente senza che venisse sequestrata, procurarle un lavoro «che le permettesse di guadagnare qualcosa per restare a vivere a Montecarlo», esplorare «ma solo a titolo informativo» l’ipotesi di un asilo politico in Libano per Matacena. Questa la versione di Scajola. Tuttavia più di qualcosa sembra non aver convinto non solo la pubblica accusa, ma anche la presidente del Collegio, Natina Pratticò, che al termine del controesame ha voluto personalmente porre una serie di domande all’ex ministro. Nonostante l’asserita volontà di Scajola di chiarire e spiegare, più di una zona d’ombra è rimasta sulle questioni messe sul piatto dal procuratore Lombardo.
INSPIEGABILE SLANCIO L’ex ministro lo ha detto più volte. Con i Matacena c’era una conoscenza solo superficiale e una frequentazione solo episodica prima che Rizzo, nel corso di un party ufficiale (non esattamente il luogo in teoria deputato a confessioni intime), gli confidasse gli enormi problemi, economici e non, generati dalla latitanza del marito. Perché? Era una semisconosciuta, ma – ha sostenuto l’ex ministro – c’era (non è emerso come) «un rapporto di fiducia». E per lei, moglie di un condannato per concorso esterno, l’ex ministro si sarebbe attivato immediatamente, scomodando non solo amici e conoscenti, ma mettendo a disposizione di Rizzo persino la sua segretaria personale, Roberta Sacco, che per questo è stata già condannata in abbreviato per favoreggiamento.
«SAPEVO DELLA CONDANNA» Da laureato in giurisprudenza, abilitato alla professione di avvocato, nonché politico di lungo corso che come responsabile dei circoli di Forza Italia gli ha di fatto negato la ricandidatura, Scajola – e lo ha anche detto chiaramente – era perfettamente consapevole della gravità dei guai giudiziari di Matacena. Ma proprio mentre l’ex collega di schieramento vagava da latitante tra Seychelles ed Emirati Arabi, l’ex ministro non ha esitato un momento a mettersi anche personalmente a disposizione di Rizzo.
A DISPOSIZIONE Per lei, Scajola ha contattato alti papaveri di banche italiane e monegasche che conosceva direttamente o indirettamente. Perché offrissero alla donna un lavoro ha scomodato imprenditori «visti tre volte in vita mia» – ha affermato – come Guido Roveta. Ma soprattutto, quando è saltata fuori “l’idea” dell’asilo politico per un latitante per concorso esterno in associazione mafiosa, l’ex ministro dell’Interno ha speso le proprie credenziali politiche per un soggetto, il consulente Vincenzo Speziali, che lui stesso ha definito un millantatore. E proprio nei mesi in cui le sue quotazioni di Scajola all’interno del partito viaggiavano al ribasso.
L’INCOGNITA SPEZIALI È probabilmente questo il passaggio rimasto fra tutti il più oscuro. Secondo quanto dichiarato dall’ex ministro, avrebbe conosciuto Speziali perché da lui invitato ad un congresso dell’Internazionale di centro, organizzato a Beirut. In quell’occasione, l’ex ministro sarebbe entrato in contatto con l’allora presidente della Repubblica libanese, Amin Gemayel, di cui Speziali era uomo di fiducia per averne sposato la nipote. Da allora, il consulente calabrese – con poco segrete ambizioni da parlamentare – non avrebbe perso occasione per contattare Scajola nel corso dei suoi frequenti viaggi a Roma e in occasione di uno di questi appuntamenti avrebbe proposto – ha affermato più volte in aula Scajola – avrebbe proposto la soluzione dell’asilo politico.
INCONTRI ROMANI Come mai sarebbe stato affrontato l’argomento? «Probabilmente perché avevo appena concluso una telefonata disperata con Chiara» dice svogliatamente Scajola, che a quanto pare avrebbe sbandierato i guai di Rizzo ai quattro venti ancor prima di sapere dei rapporti di conoscenza fra Matacena e Speziali. E come mai cotanta disponibilità da parte di quest’ultimo? Mistero. «Ma si trattava solo di approfondimenti a titolo informativo, per poi procedere tramite ambasciate e avvocati» si è difeso Scajola, che tuttavia allo scopo per mesi ha perso tempo con incontri e telefonate con Speziali. E per giunta, l’ex ministro non ha esitato a procurare al consulente calabrese e a Gemayel un incontro con Berlusconi a palazzo Grazioli nonostante il consulente calabrese «con il tempo mi sembrasse sempre più un millantatore».
MESSAGGI MISTERIOSI Un favore non di poco conto e per giunta fatto proprio mentre Scajola battagliava all’interno del partito per riguadagnare un posto al sole (e in lista). Tutte circostanze non completamente chiarite, o quanto meno non a sufficienza a giudicare dalle insistenti domande sui vari punti fatte dal procuratore aggiunto Lombardo. Allo stesso modo, poco chiari appaiono i rapporti fra Rizzo e Scajola. L’ex ministro si è limitato a parlare del suo «trasporto con un certo sentimento» nei confronti della donna. Di più non ha voluto dire. Ma non è riuscito a nascondere una certa difficoltà di fronte al materiale messo a disposizione dalle parti dall’avvocato di Rizzo, Bonaventura Candido, e poi acquisito dal tribunale. Si tratta di due manoscritti, che il legale ha sottoposto a Scajola, chiedendogli se li riconoscesse come propri. Ma sul punto, l’ex ministro ha preferito trincerarsi dietro un rigido silenzio.
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